— 389 — cialmente a rifornire di vettovaglie l’assediata città, ed a tale scopo richiamava presso di sè il tenente-colonnello Radaelli, allora promosso, onde a mezzo di continue ricognizioni aiutasse l’introduzione delle medesime. Se non che diffìcili e quasi impossibili riescivano le imprese tentate, dappoiché, strettamente bloccata Venezia, tutti i varchi ne erano guardati dal nemico ; nondimeno tratto tratto riusciva rompere quel cordone : ma i viveri requisiti erano sempre pochi in confronto della grande penuria e delle migliaia di affamati. Il 28 giugno un decreto ordinava un prestito di sei milioni. Come gli altri veniva garantito dal comune, e dalla banca emettevasi la nuova carta. Le negoziazioni intanto continuavano col ministro austriaco. Egli aveva inviato un ultimatum al governo in data 25 giugno (1), col quale proponeva di mantenere rigorosamente le condizioni esposte nel proclama del maresciallo Radetzky del 4 maggio ultimo, soggiungendo che si potevano meglio determinare gl’ interessi della città : proponeva che la carta monetata, chiamata comunale, sarebbe stata ridotta a due terzi del suo valore ; rispettati i diritti civili in virtù delle leggi emanate dal governo provvisorio ; ristabilito il cordone finanziario come prima del 1848 ; i militari, che prima del 1848 servivano nell’ armata austriaca, sarebbero lasciati partire, e così pure i militari appartenenti ad armate straniere, e varie altre condizioni di simile genere, le quali costituivano la resa immediata della città senza garanzia al- (<) Vedi Documento XXXII.