Prima gara H7 all’improvviso verso occidente una visione di fata morgana che i nostri chiamarono la “Silent city”: «Una immensa città da cui si ergono campanili, cupole, castella con una nitidezza di linee straordinaria. Poi la luce di una luna grossa come il pallone di Andrée, dà ancora un aspetto fantastico al nostro accampamento ». La sera dell’u agosto, fra i rinnovati attacchi delle grosse zanzare di Punta Mamby, tutto il materiale riportato alla costa era già caricato sull’ “ Aggie ” arrivata proprio quel giorno da Port Mulgrave secondo l’ordine dato dal Duca alla partenza con esatta previsione del giorno del ritorno. Cagni fu l’ultimo ad imbarcarsi dopo aver sorvegliate le operazioni di carico. Era felice del successo ottenuto e di aver affrontato il primo cimento alpinistico fino a una quota di 5514 metri invano tentata da molti predecessori esperti della montagna. Il giorno dopo all’approdo di Jakutat gli Italiani ricevettero una visita di Bryant venuto a rallegrarsi col Duca. « È un uomo dai trenta ai trentacinque anni. Dall’aspetto pare molto abbattuto di morale ». Il 16 agosto fu ripresa la navigazione e a bordo i nostri occuparono il tempo aggiustandosi reciprocamente le barbe cresciute ispide sui volti bruciati. Per la prima volta videro in cielo una fantastica aurora boreale. In attesa di trasbordare sul “City of Topeka” diretto a Seattle, sostarono quattro giorni a Sitka. Quando ripartirono Cagni osservò con vivissimo interesse il grandioso fenomeno della migrazione dei cercatori d’oro verso il bacino dell’Yukon: torme d’uomini si incamminavano verso nord spinte da una disperata ansia di ricchezza; avventurieri, cacciatori di fortuna delle più umili categorie sociali, risoluti a sopportare indicibili stenti pur di tentare un incerto successo che tante volte veniva meno o si tramutava in sciagura. Cagni, personalmente lontano da quella incontenuta libidine dell’oro, seguiva il traffico affannoso dei cercatori con stupore. Non oro egli aveva cercato al seguito del suo Principe, ma pura gloria per sé e per l’Italia, come tutti i suoi compagni. Però l’eroica tenacia di quei miserabili pionieri d’industria lo meravigliava. Andrew, il sottocapo dei por-