— 225 — L’ organizzazione dell’ esercito non seguiva i soliti precetti, cioè, dividendo i vari corpi per brigate e divisioni. Le condizioni della difesa di Venezia esigevano che fosse serbata la maggiore mobilità alle scarse sue forze : perciò fu ritenuto indispensabile lasciare i battaglioni ed i reggimenti sotto l’immediato comando dei loro capi, dipendenti per altro nel servizio dal comandante dei circondari di difesa. Solamente, quando si apparecchiò una divisione per sortire dalla cerchia delle lagune e combattere nella terraferma, allora i corpi destinati a comporla si unirono in brigate, assoggettandole al comando di due ufficiali fra i più anziani e più esperti. Generale in capo delle truppe di Venezia continuava ad essere il Pepe. Ognuno conosceva di fama questo veterano della libertà; ognuno avea in lui la fiducia ispirata dalla sua fede inconcussa nelle sorti d’Italia. Però il lungo esilio e le patite sciagure, se affranto ne avevano il corpo ed affievolita la mente, non furono bastanti a raffreddarne l’animo ardente. Egli fu, col nome, un possente ausiliario al governo, che trovò in lui le virtù necessarie a secondarne gli energici sforzi. Egli ebbe talvolta a soffrire disgusti per 1’ autorità sua manomessa e sindacata dal ministro della guerra : disgusti però taciuti e nascosti nei penetrali del suo cuore (*). Coi suoi numerosi ordini del giorno cercava (') Le cause principali che disgustarono il generale col governo erano le seguenti. Egli voleva avere il diritto di promuovere di grado e nominare gli uffiziali ai comandi ed ai posti di fiducia: attribuzioni eh’eransi tenute quali prerogative del potere esecutivo; inoltre avrebbe voluto sempre combattere, anche quando la condizione politica lo vietava e costringeva il governo a misure diplomatiche. 59