— 484 — la via di mare, e devono essere pagati in denaro ; dappoiché nessun commercio di scambio è oggidì possibile. Il patriottismo dei Veneziani, può in conseguenza deciderli a garantire la loro carta monetata ; ma sarebbe una illusione il credere che le altre popolazioni italiane, mosse da un egual patriottismo, consentissero ad accettarla in pagamento, se questa non è riconosciuta dai loro rispettivi Governi. Come faremo noi in quel caso le nostre necessarie provviste ? Il concorso degli altri Governi italiani è adunque indispensabile. Tutte le guerre d’indipendenza hanno costato dei mucchi d’ oro e dei torrenti di sangue ; è ben cieco colui che non è preparato a grandi sacrifìci. Ma da un’ altra parte queste guerre formano dei popoli una sola famiglia, e fu così che fino dai primi giorni di esse gl’ Italiani si chiamarono fra loro col nome di fratelli. Ebbene, fu a questi fratelli che Venezia stese la sua mano supplichevole, fu il presidente stesso del nostro Governo che primo alzò la sua voce chiedendo pubblicamente l’obolo della carità fraterna! L’emozione fu grande in principio fra gli Italiani, ma essa restò senza effetto! Il nostro Governo non si scoraggiò. Prendendo coraggio dalla stessa giustizia della sua domanda, inviò dei Commissari a sollecitare i soc-sorsi. Dai resoconti pubblicati in quel tempo fu constatato agli occhi dell’ Italia intera che la spesa lasciata a carico di Venezia si elevava alla cifra enorme di 3 milioni al mese! La povertà della nostra città, gli sforzi appena credibili di tutti i suoi abitanti abbisognavano certamente di soccorsi pronti ed efficaci. Nondimeno tutti gli aiuti giunti finora a Venezia (noi lo diciamo col cuore profondamente umiliato) bastano appena a coprire la spesa di un giorno : tutti quelli che ci fanno sperare non basteranno per quella di un mese. In questa crudele posizione facciamo alla patria nostra questo nuovo sacrificio, che può non essere 1’ ultimo. Ma nello stesso tempo ricordiamoci che siamo tutori dei nostri concittadini, e nuovamente chiediamo che Venezia non sia abbandonata, priva di ogni soccorso, condannata a portare sola il peso di questa impresa che ci opprime. Ricordiamo all’ Italia che, se la posizione della nostra città la fa chiamare il baluardo dell’ indipendenza italiana, è giusto che le braccia del-l’Italia intera aiutino a difenderla, e che se la sua povertà ed i suoi sacrifici le hanno acquistato il nome glorioso d’illustre mendica, il denaro dei fratelli deve soccorrere allo sua miseria, o almeno non le venga rifiutato 1’ appoggio d’una fraterna garanzia.