— 181 — francese e l’imperiale : forse pensava essere ormai più saggio partito accontentarsi della Lombardia e dei ducati, e lasciare libera Venezia di chiedere l’intervento francese, che in quei momenti forse avrebbe potuto ottenere. Questi progetti furono fatti palesi dalla lettera, che il ministro d’Inghilterra, visconte d’ Abercromby, dirigeva il 10 luglio al suo governo, nella quale dicevasi che il re di Sardegna avrebbe accettate le proposizioni dell’Austria, qualora ne fossero mediatori i ministri inglesi (1). Sventuratamente per l’Italia ciò non doveva accadere, e Carlo Alberto fu costretto a durare nella lotta col presagio della futura sua sconfitta. L’ accettare la fusione votata da Venezia gl’ imponeva dei gravi doveri, ed é perciò che egli non volle assumerne solo la responsabilità, e lasciò alle Camere discutere sulla domanda dei Veneziani. La fusione fu forse nociva, perchè avveniva in un momento di crisi : è però da osservare che, se fosse avvenuta anche prima, le conseguenze ne sarebbero state le stesse e nessun vantaggio avrebbe recato all’ esercito sardo, ormai rimasto solo campione dell’ italiana indi-pendenza. Intanto il generale Pepe, al suo giungere in Venezia, pensò di ordinare una fazione cóntro l’inimico, e così ottenere popolarità, illustrando la sua venuta con un fatto di qualche importanza. Gli Austriaci, nello stringere d’assedio Venezia, avevano spinto le loro forze fino a Cavanella d’Adige ed occupatavi e ristorata una vecchia testa di ponte. Il generale in capo affidava al Ferrari, recentemente arrivato, il compito di sloggiameli. (•) Vedi Documento Vili.