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un ufficiale si recasse all’isola della Certosa, dove trovavasi il deposito delle polveri, e se ne impadronisse ; il che fu eseguito, provvedendo così abbondantemente di munizioni i cittadini.
    Finito di dare le necessarie disposizioni, Manin arringava i suoi seguaci, proclamando l’indipendenza di Venezia, e al grido di Viva la repubblica, Viva s. Marco, postosi alla testa di essi, si avviò verso la piazza.
    Contemporaneamente a questi fatti dell’ arsenale altri ne accadevano alla gran-guardia del palazzo ducale e nelle stanze medesime del governatore.
   Come veniva concertato la sera innanzi, ed approvato da Manin medesimo, il Radaelli, con alcune guardie civiche, erasi avviato al palazzo ducale, dove in breve fu raggiunto da più che trecento altre. Queste guardie recavano armi di tutti i tempi, alabarde, lance, spadoni a due mani, pochi fucili a pietra e qualche pistola. Nondimeno ognuno mostra-vasi fiero dell’arma che avea potuto trovare tra i ferri vecchi della sua casa.
    Vedendosi con tanta forza e temendo che Manin trovasse maggiore resistenza nell;! sua impresa dell’ arsenale, il Radaelli inviava colà il cittadino Ernesto Grondoni con parte dei suoi uomini. Poscia, radunati gli altri nel loggiato del palazzo, con brevi parole- li avvertiva che si dovevano impa-dronire della sottostante gran-guardia e dei suoi cannoni.
    A questo annunzio gli occhi di tutti sfavillavano. Dispose allora che una parte de’ suoi rimanesse sul loggiato, da dove avrebbe potuto minacciare i soldati del presidio, mentre cogli altri presentavasi improvvisamente davanti la granguardia. Era quivi una compagnia di granatieri quasi tutti