402 Console del mare e di mare gli offersero una grossa medaglia che aveva inciso nel recto l’arco dei Sergi e nel verso questa perfetta dedica di D’Annunzio: « All’ammiraglio Umberto Cagni che la sua gloria artica e libica rinnovellò restaurando la romanità di Pola nelle pietre e negli animi gli ufficiali della marina e dell’esercito da lui fatti degni di tanta opera consacrano in perpetua fede questa impronta trionfale ». Accompagnato da questo saluto che scolpisce le sue virtù, il 19 luglio Cagni dovette partire per La Spezia per affrontarvi una situazione difficile. Scrisse che preferiva partire piuttosto che restare con le mani legate fra le popolazioni che il governo non sapeva salvare. Il suo sospetto di essere stato allontanato appunto per ciò che la sua persona rappresentava nel Carnaro era giusto. Il comandante Cattel-lani commentava in quei giorni: « Sembra che con la nuova politica estera di rinunzie la sua posizione qui non fosse desiderata dal governo. In ogni modo a noi ha fatto molto dispiacere la sua partenza perché quest’uomo sa entusiasmare tutti quelli che hanno la fortuna di lavorare sotto i suoi ordini. È un uomo di azione e di fede. E oggi sono cosi rari questi uomini! ». Nitti lo aveva sostituito con l’ammiraglio Cusani Visconti contro il parere di Thaon di Revel. E il comandante Bertonelli aveva riferito confidenzialmente: « Il governo si trova nella necessità di dover mollare molte cose in Adriatico e forse gli darebbe ombra la sua presenza, lei essendo l’esponente dei più sani e fieri desideri del paese ». Ma se Cagni era sgradito a Pola, era graditissimo alla Spezia dove si faceva calcolo sulla sua energia in un momento pericoloso di agitazioni sovversive. Il ministro della marina Sechi gli dichiarava esplicitamente: « Regio Governo ritiene V. E. persona più indicata prevenire e fronteggiare avvenimenti ». Serviva tanto allontanare quel capo energico da Pola quanto mandarlo alla Spezia dove le autorità avvilite per una sommossa se ne stavano’ attorno alla salma deU’ammiraglio Marzolo, morto da poco, senza osare di renderle i dovuti onori. Nella città deserta dopo tumulti e saccheggi per la questione del caroviveri si temevano nuovi disordini. La borghesia sbigottita riprese fiato solo all’arrivo di duemilacinquecento alpini ex-com-