- 120 - Vino forastiero non poteva essere condotto in Rovigno sino a che v’esistesse vino paesano. Se veniva introdotto per essere rivenduto, il vino ordinario pagava di dazio soldi 12 alla quarta, la malvasia e la romania invece soldi 16; se poi esso era comperato dal consúmente stesso per uso della sua famiglia, pagava un soldo per quarta trattandosi di vino ordinario, e soldi 5 per la malvasia. Quest’ esclusione del vino forestiero era voluta con insistenza dal Consiglio dei cittadini per favorire la vendita del vino terriero, e venne rinnovata con varie terminazioni (la più importante 30 nov. 1707), le quali però ordinavano „che il prezzo dovesse essere onesto e conveniente al raccolto ed alla stagione, in nessun caso poi superiore a,soldi 6 il boccale“. Ma di frequente queste leggi furono illusorie; poiché numerose partite di vino estero venivano introdotte in città e facilmente vendute quando il loro prezzo era inferiore a quello del vino terriero. Laonde nuove terminazioni e nuove proibizioni quasi sempre infruttuose; in quanto che la quantità di vino annualmente prodotto, quantunque fosse all’incirca di 30.000 barile, non bastava al consumo della popolazione, e coll’ impedire l’introduzione del vino forestiero si favoriva il possidente agricolo a danno delle altre classi, ed in particolar modo a danno dei pescatori e marinai, i quali perciò sempre si opposero a tale restrinzione. 3. Il diritto di fare il pane 6) per venderlo era privativa del Comune, il quale lo cedeva a 14 Panatiere (dette anche Pancogole o Pistore). Queste dovevano ritirare il. grano dal publico Fondaco, e pagare inoltre 12 soldi per ogni staio di farina (lo staio era calcolato a libbre 132) quale dazio per il diritto di vendita. I privati, che facevano il pane per loro uso esclusivo, erano obbligati a cuocerlo nei forni comunali, ove pagavano la cucinatura (la Fornadega) in ’Cagione di soldi 16 allo staio di farina. Tale privativa del Comune cessò nel 1816. 4. Privativa del Comune era inoltre la spremitura dell’oro. Tutte le olive dovevano essere portate per la macinatura nei torchi comunali, i quali dal Comune venivano dati in appalto 6) Statuto, 1, 84.