- 47 - Cunigonda dei fendi paterni, lo fece a condizione che il detto conte Mainardo rinunciasse espressamente alla decima di Rovigno 24). Sappiamo di più che nel 1194, il detto conte dinanzi alla curia di vassalli tenuta in Pisino il 5 ottobre, presente lo stesso vescovo di Parenzo Pietro, dichiarò di non vantare alcun diritto su quella decima 25). Sembra però che tutte queste promesse e pub li che dichiarazioni non bastassero a legare il conte, il quale, qualche tempo dopo, investì della decima di Rovigno un certo Leonardo. Allora per appianare anche questa nuova differenza ed impedire che la lite degenerasse in aperta ostilità, in una curia di vassalli tenuta all’ uopo, fu stabilito che ambedue le parti contendenti, il vescovo cioè e Leonardo, si rivolgessero alla contessa (di Pisino) cognata di Mainardo, e se questa diceva che Leonardo non aveva diritto alcuno su quella decima e eh’ essa non poteva infeudarla ad esso Leonardo perchè appartenente al vescovo, Leonardo la lasciasse in tranquillo possesso della chiesa parentina. La contessa mandò qual suo nuncio il barone Balduino, e questi, al cospetto dei vassalli del vescovo congregati a Rovigno sotto la presidenza del vescovo stesso, giurò in nome della sua Signora che quella decima apparteneva al vescovo di Parenzo; ed in conferma di ciò, dinanzi a tutta la corte dei vassalli, pose nella di lui mano una manata di frumento quale simbolo del possesso d’essa decima26). Ad onta di tale solenne dichiarazione, tanto Leonardo, quanto suo figlio Ermanno, non rinunciarono alle loro pretensioni sulle decime di Rovigno. Come finisse tale vertenza con questi due pretendenti, non ce lo dicono i documenti; ma certo si è che nei tempi successivi i vescovi di Parenzo disponevano liberamente di questa decima, e senza ostacolo alcuno la '“) „Quod Comes Mainardus ... et decima de Rubino sibi (episcopo) integre refutarit“ Cod. dip. istr. 12 agosto 1183. 26) Kandler, Cod. dip. istr. B ottobre 1194:.....et de decimis de Rubino, quod non debeatis de cetero varentare illas eis, qui mihi vest.ro nomine non faciunt.“ — Quale testimonio, fra altri, comparisce anche Odelricus de Rubino. 26) L’intervento della contessa di Pisino farebbe supporre che il di lei marito Engelberto IIT fosse già morto, laonde questa curia dei vassalli dovrebbe riporsi dopo il 1220.