- Ufi - publico incanto, ed il ricavato diviso ira il Comune ed il trovatore, a meno che non si trattasse d’oro o d’argento trovato in mare od in terra che doveva essere diviso a norma delle leggi vigenti in Venezia. Nè mancano infine le disposizioni per la publica nettezza e per l’asporto delle immondizie in luoghi appositi. L’ultimo Libro, cioè il III, porta il titolo de maleficiis (dei crimini). La maggior parte delle pene consistono in multe, una parte delle quali passava all’accusatore6), l’altra al Comune. Chi, accusato, confessava sinceramente il mal fatto, otteneva il condono della quarta parte della multa; a chi si denunziava da sè stesso ne veniva rimessa la metà. Comincia questo libro colle pene da infliggersi a coloro che ardivano lavorare nei giorni festivi. La bestemmia contro Iddio e la Vergine era punita colla midta di lire 31, più un giorno di berlina, „coronato il bestemmiatore colla corona d’infamia e diabolica“, ed in aggiunta tre „squassi di corda“. La bestemmia contro S. Marco, S. Giorgio e S. Eufemia era multata con lire 25, quella contro gli altri Santi o Sante con lire 14. Il doppio ai recidivi. Legge santissima era quella che multava con 40 soldi chiunque dicesse improperi ai defunti altrui. A queste seguivano c. 7-11, le multe comminate nei vari casi e modi di percosse o ferimenti. Non si poteva giocare per denaro alle carte od ai dadi altrove che nella Loggia del Comune. Chi teneva giochi di carte o dadi in casa propria, era punito con lire 5, se di giorno, e lire 10, se di notte. I tavernieri dovevano chiudere l’osteria dopo il suono della terza campana di notte. Numerosi sono i capitoli che contemplano le varie specie di danni arrecati cogli animali, come pure i danni dolosi portati c) Nei seguenti tempi, secondo l’usanza veneta, anche a Rovigno erano permesse le denunzie secrete che - si gettavano nelle cosiddette Bocche. Di queste se ne conoscono due; una nel palazzo pretorio, detta la Bocca della Cancelleria, l’altra nel Castello di Sanità. La prima era una lapide, su cui stava scopita una grande testa umana con orecchie asinine ed avente un grande foro per bocca ; per il grande foro si gettava la denunzia nella cassetta interna. Essendo la grandezza della bocca caratteristica di cosi fatte Bocche delle denunzie secrete, ne venne il modo di dire „lui la bocca della cancelleria“ per significare tanto chi ha una bocca grande, quanto chi tutto palesa, anche quello che devesi tacere.