448 periodo dell’autonomia nismo unitario; senonchè si fondò sull’aggregazione delle corporazioni studentesche, non già, come la scuoia di Parigi, sulla corporazione dei maestri. Ma poggiata la base dell’istituto universitario sulìa organizzazione studentesca, era anche aperta la via alla trasmigrazione: gli scolari forestieri, che nessura ragione legava particolarmente a Bologna, venivano a possedere autorità di portare lo studio dovunque ad essi piacesse, purché trovassero, e non era più difficil-, insegnanti valorosi che li seguissero e città pronte ad accoglierli. Questo presagiva Bologna, la quale, divenuta gelosa del suo studio, si sforzò di sottoporre l’autonomia universitaria al potere prevalente del Comuni:, proponendo ai maestri il giuramento di non insegnare altrove e imponendo altre restrizioni alla sconfinata lihertà degli studenti. Ciò condusse a contrasti e a disordini, più tardi fomentati dalle lotte dei partiti politici e dalle proibizioni pontificie e imperiali; e g:& nel 1204 una frotta di studenti, corporativamente organizzata, si staccò da Bologna, portando lo studio a Vicenza, dove si resse per qualche tempo; e poco appresso (1215) una più abbondante emigrazione di studenti e di professori da Bologna fondò lo studio di Arezzo, che cominciò a decadere soltanto nel Trecento. Non altrimenti sorse lo studio di Padova, nel 1222, per una larga trasmigrazione di scolari e di insegnanti da Bologna, e fu studio famoso, non più spento poi; mentre nel 1228 un gruppo di questi studenti trasmigrati a Padova, allettati dalle lusinghe del comune 'li Vercelli, quivi si trapiantarono, dando vita a uno studio, che durò fin sullo scorcio del Trecento. Pur nonostante questi esodi, Bologna continuava una gloriosa esistenza. Ma intanto i pubblici poteri, compresa l’importanza sociale dell’insegnamento, vollero intervenire a regolarlo; e primi furono i Comuni, i quali, al sistema dell’insegnamento libero, scelto e compensato diretta-mente dagli studenti, tendevano a sostituire i pubblici