f§ 145] RIFORME E RIVOLUZIONE 845 taggio di quest’ultimo, non potevano soddisfare pienamente al bisogno di rinnovamento, che agitava la società ansiosa di sciogliersi dalle ultime vestigia dei privilegi medievali; cosicché non doveva tardare a mostrarsi anche fuori l’interno squilibrio. Da una parte la filosofia e la coscienza dei popoli domandavano che si procedesse oltre, con nuove concessioni e con nuovi mutamenti; dall’ altra, una parte della popolazione, e specialmente i nobili e il clero, gelosi degli antichi privilegi, avversavano ogni riforma, mentre le plebi, paurose delle novità politiche, si mostravano indifferenti o sospettose. Finalmente le innovazioni non erano sempre coordinate a un meditato disegno, nè rispettose dei diritti acquisiti: onde i governanti, spaventati della china in cui s’erano posti, se ne ritraevano o s’ arrestavano, appena sull’inizio del cammino. Invece, il rinnovarsi di una forte borghesia lavoratrice, dopo quasi tre secoli d’inerzia, trascinava lo Stato verso una sana corrente di liberismo economico. Interviene, in questo momento, l’opera della Rivoluzione francese, la quale, rompendo violentemente quello equilibrio instabile, porta in Italia non soltanto le idee, ma anche l’azione della nuova èra sociale inaugurata in Francia, dando luogo alla seconda fase dell’età moderna, che si chiude con la rovina della fortuna napoleonica (1793-1814). Questa fase è caratterizzata dal trionfo delle armi francesi, che portarono e applicarono i principi della Rivoluzione, mutando anzitutto a forme repubblicane gran parte dei governi della penisola e divulgando in Italia il principio dell’uguaglianza civile e il sistema dello Stato costituzionale moderno (§ 149); poi, restringendo i freni delle pubbliche libertà, nelle nuove forme monarchiche, dominate dal ferreo braccio e dalla mente fervida di Napoleone. Carattere del nuovo diritto pubblico è la tendenza verso le forme rappresentative, a garanzia dei diritti politici e civili dei cittadini; tendenza, tuttavia, turbata da una estrema in-