328 DIR. PRIV. nell’età ROM.-barbarica [§ 61] carolingia diede vigore giuridico all’avversione cristiana per il divorzio, e dapprima vietò a tutti i divorziati di rimaritarsi, poi proibi lo scioglimento del vincolo, quando non fosse per adulterio, e stabilì che i coniugi potessero separarsi per mutua volontà solo per votarsi a vita religiosa e col consenso del vescovo (1). Di fatto i divorzi continuarono, benché la Chiesa, intenta a guadagnarsi la giurisdizione in materia, si adoperasse a combatterli. Quanto alle seconde nozze, è noto che il diritto romano aveva pienamente superato quei pregiudizi che le avversavano, richiedendo soltanto il rispetto, da parte della vedova, all’anno di lutto, pena l’infamia. Ma l’avversione non era forse superata nè dalla Chiesa, che non le vedeva di buon occhio, nè dalle tendenze popolari, che in ogni tempo usarono di accompagnarle con beffe e schiamazzi; mentre poi tale avversione animava tutto lo spirito del diritto germanico, il quale, nelle seconde nozze, vedeva uno sfregio alla memoria del defunto e un danno patrimoniale alla sua famiglia. Tuttavia la legge longobarda riconobbe le seconde nozze, comminando una pena al mundoaldo che le impedisse; ma faceva perdere alla donna l’usufrutto dei beni del marito, obbligava il nuovo sposo a pagare agli eredi del primo la metà del meflo originariamente assegnato, e per consuetudine consentiva alla donna un apporto maritale inferiore della metà a quel che sarebbe toccato alla vergine. La conquista franca portò in Italia, almeno per i viventi a legge salica, l'obbligo del nuovo marito di pagare il reipus e Vacha-sius; il primo (tre soldi e un denaro) assegnato ai parenti della donna o del primo marito, o altrimenti al fisco, a compenso della protezione da essi accordata (1) Cap. Car. Magni, cc. 40, 131; Loth., 95. Cfr. Scaduto, op. citv in app. al presente paragrafo*