V LA NOTTE OPO tenacissimo lavoro, solo a metà ottobre la nave fu vuotata dall’acqua fin dove possibile. Allora Cagni scese nel locale delle macchine e dovette aprirsi un varco nel grosso strato di ghiaccio rimasto a segnare il livello raggiunto dalla inondazione interna ormai esaurita. Penetrò sotto quel tetto cristallino e vide « uno spettacolo alla Giulio Verne. Si può restar diritti sotto la volta di ghiaccio; macchinario, tirelle, aste articolate, robinetti,- tutto è ricoperto da uno strato di ghiaccio scintillante al lume del fanale che avevo in mano. Il pavimento è scintillante, scintillanti le pareti e solo in quel rifranger di luci spicca scura la mia ombra proiettata stranamente a sghimbescio nelle ripiegature della stranissima camera di ghiaccio. In un lampo di entusiasmo ho rivisto quella macchina rilucente di metallo ripulito in moto e, senza rendermene conto, ho messo la mano sul petto ove è la fotografia della mia Maria ». Il pensiero dominante di tornare a lei lo faceva reagire contro la natura morta oppressa dal buio e dal silenzio che lo circondava. Dal 17 ottobre il sole non tornò più sull’orizzonte. Solo nelle ore meridiane restava in cielo un bagliore crepuscolare. Bisognò affrettare la sistemazione della nave per lo sverno: fu sbarcato tutto il carbone, riparata la falla nel fianco scoperto, smontate, ingrassate, protette le parti più sensibili del macchinario. E sempre a Cagni gli uomini parevano lenti: ma nel timore di irritarli trattenne gli sfoghi dell’impazienza, mugugnando fra sé: « Il bocconcino è amaro, specie per me che quando mi sono creduto nel diritto e nella ragione, ho la coscienza di non aver mai ceduto di un atomo ». Ora proprio lui che aveva imposto con fatica il tentativo di salvataggio della “Stella Polare” dovette sostenere un altro sforzo per convincere i compagni,