I § 17] POTENZA POLITICA DEL PAPATO 89 dizione speciale, riconosciuta per le cause fra chierici e per quelle dove un chierico era convenuto, e la facoltà concessa ai laici di richiamarsi, per comune consenso, al foro arbitrale (episcopalis audientia), aumentarono l'autorità della Chiesa. Allorché poi la conquista longobarda restrinse e abbattè il dominio bizantino in Italia, le popolazioni italiane parvero affissarsi sul pontefice, come verso il supremo signore; e Gregorio I, assunto alla sedia apostolica nei momenti più burrascosi, seppe delineare concettualmente il sistema teocratico del papato, per cui si proclama che lo Stato deve servire la Chiesa, nei suoi scopi ultramondani, e deve perciò prestare ad essa la sua assistenza terrena (1). Sicché, nelle due teoriche, che da ora potranno contrastarsi il campo, il punto di partenza è identico: necessità dell’unione fra lo Stato e la Chiesa. La divergenza profonda insorge, allorché si tratta di definire reciprocamente l’azione e la posizione delle due potenze; poiché il papato afferma la soggezione del potere civile agli scopi religiosi e divini; l’impero non vede nella Chiesa che uno strumento a servigio dello Stato. Posti così a fronte i due poteri, questo sistema d’equilibrio non poteva durare. Qualche sintomo di contrasto serpeggiò sempre, ogni volta che l’imperatore si intrometteva negli interessi religiosi; ma la lotta scoppiò violenta quando, nel 726, l’imperatore Leone III, guidato dal fermo ideale della onnipotenza dello Stato, emanò i decreti contro il culto delle immagini, nell’intento di togliere una delle principali differenze fra le varie religioni dell’ Impero e soprattutto di sradicare col culto delle immagini la precipua forza del monacato, che, alimentando il fanatismo religioso, paralizzava le energie della vita sociale. Allora la Chiesa si oppose apertamente in Italia alla (1) Gregorio I, Episl., Ili, 65; V, 21.