ACTIO SPOI.II 359 per scoraggiare altri dalle ingiuste spogliazioni, sia per tutelare il diritto del possessore. Un passo innanzi segnò la legislazione carolingia, che volle puniti col bando regio tutti gli spogliatori che usassero violenza, indipendentemente dal diritto ad essi competente; ma non si uscì dal concetto pratico della difesa penale contro la violenza (1). Tuttavia il principio romano non dovette andare del tutto in abbandono, poiché, in base all’antica tradizione, già una legge dell’imperatore Guido svolge un vero rimedio possessorio, attribuendo alla persona, che fosse stata violentemente scacciata dal possesso, il diritto di ottenere la reintegrazione, indipendentemente da ogni considerazione sulla consistenza del diritto (2). Su queste identiche basi, che si richiamano alla tradizione romana della difesa del possesso anche brevissimo, si forma, nelle falsificazioni ecclesiastiche francesi della metà del secolo IX, presto diffuse anche da noi (§ 26), una speciale difesa del possesso. Nelle decretali pseudoisidoriane, col falso canone Redìntegranda, per salvaguardare la Chiesa, fu disposto che il vescovo, forzatamente spogliato dei suoi beni, dovesse essere reintegrato nel suo possesso, avanti di andare sottoposto a giudizio (3). Si può ritenere che questo privilegio di natura processuale e pubblica, avente carattere di eccezione (eooceptio spolii), non fosse che una estensione ai vescovi di un rimedio ancora in uso presso la popolazione romana. Nei testi, esso appariva però come un privilegio, il quale si risolveva nell’ ordine, mosso dal pontefice o dal metropolita al re o al conte, di procedere d’ufficio alla reintegrazione dello spogliato. Ma (1) Liu., oc. 134, 148; Cap. Pip., 23 (84). Cfr. Ruffini, L’actio spolii, Pag- 125 e seg. ; 24i e seg. (ä) Wido, o. 5; Form, a Lod. P., o. 36. Cfr. Besta, Summa per., tJag- 57 e Leicht, Ric. sul dir. priv., I, pag. 145. (3) Grat. Docr., c. 4, C. UI, qu. 1. Cfr. Ilinschius, Decrel. Pseudo-ùidor., pag. 237.8.