320 DIR. PRIV. nell’età ROM.-BARBARICA [§ 60] cietà militare, dove in ogni maschio si vede la speranza di un soldato, il figlio, anche minorenne, mantiene di fronte al padre una certa individualità, è pars domus, dice Tacito; e, nella comunione domestica (§ 64), già si afferma un suo diritto di aspettativa e di condominio sui beni della famiglia. Sicché, anche accogliendo, per quanto malinteso, il principio romano dei peculia, il diritto longobardo sembra riconoscere al padre solo un diritto di amministrazione sul patrimonio particolare del figlio, non il diritto d’usufrutto. Ma l’autorità paterna del diritto barbarico ha anche una durata diversa da quella del diritto romano. Infatti, mentre per questo essa persiste finché vive il padre, per l’altro si spegne con la maggiore età del figlio, col momento, cioè, in cui questi prende posto nell’esercito. Il figlio, giunto all’età maggiore, ha parte al governo domestico insieme col padre, ha un diritto d’aspettativa sui beni aviti tutelato dalla legge, e pertanto dà liberamente il suo consenso agli atti alienativi del patrimonio familiare. Invece tra la popolazione romana, continuandosi le antiche tradizioni, la patria potestà continuò a valere, e ad essa fece riscontro l’istituto delle emancipazioni nelle varie forme romane. Tale istituto non fu ignoto tuttavia nemmeno al diritto germanico, dove, in antico, dovette compiersi con l’atto solenne della consegna dell’armi davanti all’assemblea, o con quello deU’aecomendazione, in mano di un signore estraneo. Più tardi, sotto la spinta dei nuovi rapporti economici, si introduce l’uso di una emancipazione tacita, detta poi per separatam oeco-nomiam, per la quale il padre consegna al figliuolo, più spesso nell’atto del matrimonio, una parte dei beni familiari, parte commisurata sulla quota dei beni immobili aviti a lui spettante per legge, rendendolo cosi anche economicamente indipendente. Ma ormai si era formato l’uso che gli atti di emancipazione, derivati dal diritto romano, dovessero compiersi per'