98 PERIODO BARBARICO nino e al Tevere; e in queste regioni, fissando nelle città medesime i gruppi gentilizi, sotto la guida di capi militari (duces), e eleggendo a sedi centrali del regno Verona e Pavia, dànno opera al primo rassodamento della facile conquista. Dopo la uccisione del re Clefi, succedono dieci anni di interregno (575-584), durante i quali i capi barbarici, non più raccolti sotto il potere moderatore di un monarca, premono anche più rudemente sui vinti; mentre singole schiere si inoltrano, nell’interno delle terre montuose dell’Appennino, verso il mezzogiorno della penisola, e là fondano i due grandi ducati di Spoleto e di Benevento. Ma le minaccie di una guerra, per l’alleanza del greco imperatore Maurizio col re dei Franchi, e più probabilmente le lagnanze e i movimenti popolari dei vinti oppressi dai potenti, sospingono nuovamente i gruppi barbarici a creare un’altra volta il presidio direttivo della monarchia; onde elevano in Pavia a re il figliuolo di Clefi, Autari, il quale, quasi a garantire la popolazione romana e a dare un nuovo ordine ai rapporti tra vincitori e vinti, assume il romano e goto titolo di Flavio, come tutore e sovrano anche del popolo vinto. E da allora lo Stato longobardo, sussidiato forse già dall’adesione delle classi medie e lavoratrici delle' città, accentrato in una città forte, divenuta capitale, Pavia, si rinsalda all’interno, dilata i propri confini fin contro l’Esarcato e la Pentapoli, fin contro Perugia e Roma, fin nella Corsica, mentre da Benevento si spinge fino all’estrema punta orientale della penisola. e conquista tutti i paesi della Campania e della Lucania, eccetto le città della costa occidentale, Napoli, Gaeta ed Amalfi. Così riesce a resistere all’impero bizantino da una parte, ai Franchi dall’altra, sempre e da ogni parte all’avversa politica e all’implacabile inimicizia del pontefice romano. Tuttavia il contrasto sempre vivo tra l’autorità spesso riottosa dei duchi e il potere regio, e l’antitesi tra una