L§ 139] LA DOTE 813 statuti, alcune donazioni, '•he il marito faceva alla moglie, generalmente dopo il matrimonio e che prendevano variamente il nome di morgengabio (Toscana), sponsalitia largitas (Lombardia), dismontadura (Friuli), donatio diei lunae (Venezia), basalura (Italia meridionale). Tali donazioni, derivate da radice romana e germanica, avevano il carattere di honorantiae, ossia erano il segno del gradimento e dell’ onore, che il marito assicurava di voler professare alla donna; e, laddove valeva ancora o aveva valso il rigoroso mundio sulla donna, rappresentarono generalmente il modo con cui il marito dichiarava di voler liberata la donna dalla soggezione del mundio (dismundiatio), restituendole quella libertà che ad essa competeva e che il diritto le andava sempre più riconoscendo (§ 124). Ma queste donazioni erano di scarsa importanza, poiché consistevano in una piccola somma di denaro, in un cavallo, in un servo, e perciò non furono proibite dalle leggi. Intanto, coi nuovi progressi economici, aumentava l’importanza della dote, divenuta anzi condizione essenziale per la donazione maritale, e la dote fu sottoposta al regolamento giuridico largamente descritto dalle fonti romane. L’esclusivismo del Comune impedì tuttavia una piena parificazione con l’istituto antico, poiché gli statuti sanciscono dure restrizioni intorno alla quantità e alla natura dei beni dotali, per non menomare le forze economiche delle famiglie e, per conseguenza, delle città; rinsaldando il principio che la dote dovesse riguardarsi come la sola parte dei beni paterni da assegnarsi nella successione delle donne (§ 64). Tuttavia bisogna riconoscere che al diritto statutario è dovuto il principio dell’ obbligo giuridico della dote a favore della figlia, non soltanto a carico del padre e della madre, ma anche a carico dei fratelli. Con la dote, valeva il regime di separazione dei beni; l’amministrazione del patrimonio dotale spettava al marito, ma la donna possiede una ipoteca legale sui beni maritali, per