PREGI E DIFBTTI DEL COMUNE 541 meno larga rappresentanza ; ma quasi sempre si afferma come il governo di una classe, intenta ad abbattere o ad assoggettare le altre; per modo che, venendo a mancare ogni equilibrio politico, le fazioni in lotta diventano la condizione normale dello Stato, e la fazione vittoriosa assorbe le attività del governo, e si crede in diritto di umiliare i vinti, sempre pronti alla *riscossa. Perciò la libertà è concepita come un privilegio della casta dominante, che forma un’ oligarchia più o meno numerosa. Più che il governo equilibrato e omogeneo di una società, il Comune diventa, o può diventare, lo strumento di oppressione di una classe. In secondo luogo, la separazione fra la città e il contado distrugge quella compenetrazione fra il popolo e il territorio, che genera l’uguaglianza politica, la quale è base dello Stato moderno. I diritti politici esclusivi riconosciuti alla città, mentre al contado si impone in genere soltanto uno stato di subordinazione, rivelano che il Comune non si è ancora diseiolto dall’ordinamento feudale, perchè, in questo rapporto, esso non fa che sostituire il diritto sovrano di una intera città al potere unico del signore, senza mutare troppo profondamente la condizione giuridica della campagna e, ad ogni modo, escludendo questa da ogni partecipazione al governo (1). Finalmente, la sovranità del Comune, ridotta sempre ai '‘on fini di una autonomia più o meno ampia, non può essere confusa con la sovranità dello Stato moderno. Questa, veramente piena e originaria, non riconosce, se non eccezionalmente, limiti superiori, e d’altra parte alle organizzazioni dipendenti non concede che una potestà di grado inferiore e derivata. Il Comune invece non esclude, almeno nella sua natura essenziale, 1’ esistenza di un potere ad esso superiore, per quanto (1) Cfr. Mengozzi. La cillà italiana, pag. 235 e seg. ; Volpe, Islituz. comun. a Pisa, pag. 109 e seg.; Solmi, il Com. nella storia del dir. Pag. 101 e seg.