LE DONNE E LA GUERRA 261 quattro naturalmente armati, muovono in pelle- grinaggio verso una chiesa. Fervendo la guerra coi turchi, sette di questi assalgono i viandanti, alla sprovvista, e uccidono il primo dei fratelli e feriscono gravemente il secondo. Terribile è il frangente, ma la pugna continua. Il ferito s’ap- poggia a una roccia e, mentre riceve un altro e fatale colpo, uccide due de’ nemici e muore. Ecco che la sorella si fa innanzi : afferra il fucile, la daga dell’ ucciso. Periscono tutti, salvo essa e uno de’ turchi. Essa implora mercè: egli promette di salvarle la vita, a patto che gli conceda il fiore del suo onor verginale. La fanciulla, indignata, colto il momento in cui egli non pensava a di- fendersi, lo ferisce con la daga. Costui gliela strappa di mano, ma ella sospinge il malvagio e lo fa rotolare nel precipizio. Un altro fatto che prova il coraggio e il pa- triottismo della donna montenegrina è consacrato dalla leggenda in un canto popolare intitolato La donna del Montenegro. Un haiduk esclama: «Ah! sono maledetto! Povero Stanitscha ti ho veduto cadere senza poter vendicarti! » Nel fondo della valle una donna sente queste parole, e sa che suo marito è morto. Subito prende le sue armi, insegue per i sentieri i quindici turchi che hanno ucciso il suo sposo, condotti da Tichen-Gitsch-Aga.