Tempo di pace 249 corato a dieci miglia da Venezia. Ti puoi immaginare il divertimento di stare ancorati cosi in alto mare! Dopo una dormita riparatrice, Corsi mi venne a prendere insieme al mio colonnello Marchi e, passati a prendere Beimondo, con la barca a petrolio partimmo per Venezia. Alle 16 giungemmo ai giardini. Visitammo l’esposizione fino alla chiusura e poi andammo in piazza San Marco. Pranzammo al Bauer offerti da Beimondo e poi andammo tutti e quattro al Malibran (offerto dal colonnello) ove si dava una mediocre Vedova allegra, prima donna però buonissima. Verso la mezzanotte, giunti alla Riva degli Schiavoni per imbarcarci, vi troviamo un centinaio di ufficiali e circa duecento sottufficiali che dovevano ritornare a bordo alle ai. Si è messo grosso mare fuori e sono interrotte le comunicazioni. Poco dopo un telegramma del comandante del dipartimento proibisce a qualsiasi imbarcazione di uscire dalla laguna, compresa la sua “Withe” che gentilmente aveva messa a’disposizione mia e degli ufficiali della “Napoli” per il ritorno a bordo. Intanto comincia a piovere e mentre cerchiamo di guadagnare un telefono per la ricerca di camere, un diluvio d’acqua ci inzuppa come se fossimo caduti in canale. Arriviamo al caffè Quadri fradici. Offro io un cioccolato di consolazione e poscia, sempre sotto l’acqua, raggiungiamo l’hòtel Victoria ove sono libere due camere a due letti che accettiamo con gioia perché in questi giorni pel gran passaggio di forestieri non è facile alloggiarsi al-l’una dopo mezzanotte. Giunti nelle camere all’asciutto, ci ha ripreso il buon umore di antichi tempi; ci sembrava proprio di essere tornati aspiranti. Per pantofole abbiamo prese delle scarpe che erano nel corridoio appartenenti a chissà chi. Per camicia da notte un asciugamani legato alla vita, e intanto tutta la nostra roba allo sciorino. Abbiamo chiacchierato ancora a lungo accusando Beimondo come colpevole di tutte le nostre disgrazie e verso le tre ci siamo addormentati ». Il giorno dopo poterono tornare con qualche stento a bordo giurando di non lasciarlo, ma col solito giuramento di marinai perché, poco dopo, ecco Cagni diretto ancora a Venezia per salutarvi il Duca degli Abruzzi.