476 Console del mare nelle ardue trattative con jugoslavi e alleati nell’occupazione di Pola e alla conferenza di Parigi. E se tenacissima fu in lui la speranza di uno scontro decisivo con la flotta nemica, impedito dalla pericolosa insidia sottomarina contro gli scafi mal protetti delle grandi corazzate, resta fermo che i due principi fondamentali della sua concezione marinara: grandi navi e grandi battaglie, sono gli unici principi giusti e sani, classici e duraturi, che già tornano in onore dopo il breve eclisse successo all’azione nuova dei sommergibili e degli aeroplani. Certo la mancata battaglia tolse a Cagni la possibilità di dimostrare l’intera misura del suo valore di ammiraglio, mentre egli aveva indubbiamente in sé tutte le qualità per conquistare la vittoria al momento di una prova suprema come sempre gli accadde ogni volta che poté impegnarsi a fondo anche fuori del suo elemento. Perché la sua sorte personale fu proprio quella di ottenere le maggiori affermazioni a terra e non sul mare. Ecco perché sbaglia chi misura Cagni solo in quanto marinaio. Come tale gli mancò la prova definitiva. Inutile accostare il suo nome a quello di Albini, di Vacca, di Ri-boty, di Tegetthoff, di Cochrane o di Beatty: sarebbe troppo in senso marinaro, ma troppo poco in senso assoluto per misurare l’uomo intero. Perché egli fu, oltreché marinaio, di volta in volta esploratore polare, scalatore di vette ignote, conquistatore coloniale, salvatore di città, ricostruttore di un porto, diplomatico e persona pubblica, uomo nuovo in tempi vecchi, promotore di storia, « precursore degli eroi rinati ». Figura che si inserisce ed emerge nelle maggiori vicende della rinascita italiana dalle sue prime mosse dopo l’unità fino alla Marcia su Roma, nella leggenda dei pionieri, nella tradizione militare italiana. Per tutta la sua vita Cagni reagì con uno sforzo”perma-nente d’azione contro le tendenze rinunciatarie e negative del vecchio regime. Il suo spirito sempre interventista, mai indifferente o passivo, si contrappose al quietismo di governo prevalente dopo Lissa, Custoza e Adua, alla politica suicida delle “mani nette”, al parlamentarismo, al sovversivismo, al liberalismo prono di fronte a tutte le influenze straniere. Nel tempo grigio dell’ordinaria amministrazione