r§ ii5) COMUNITÀ R CONGREGAZIONI 673 toglieva cosi ogni precisione giuridica ai pochi residui dell’antica autonomia. Finalmente vi era un ultimo gruppo di Comuni rurali, da dirsi propriamente comunità (§ 98), i quali erano sottoposti allo Stato, o direttamente, o per intermediario di un signore feudale. Su essi gravava insieme il peso del signore e del governo, e l’autonomia vi era anche più ristretta. Non diversa condizione avevano i municipi feudali del Mezzogiorno, di cui pur ora si disse; simili in questo ai Comuni rurali del Settentrione. Ma siffatte varietà vanno scomparendo, a mano a mano che lo Stato rafforza il suo potere, rompe le gerarchie feudali e i privilegi municipali, e tutti sottopone al suo immediato dominio. A quest’opera servivano ormai tutte le istituzioni, su cui calava oppressiva la mano ferrea del principe; ma fu anche agevolata dalla istituzione di regolari uffici di controllo delle amministrazioni locali, creati soprattutto a scopo finanziario. Nel 1592, Clemente Vili aveva istituita la Congregazione del buon governo, composta di tre cardinali, e destinata a sorvegliare tutte le materie patrimoniali dei Comuni soggetti alla dominazione sovrana, a cui Clemente XI (1704) congiunse anche tutte le comunità baronali. In Piemonte, la Delegazione generale del buon governo, istituita da Carlo Emanuele II (1661), mutata nel 1663 nel Consiglio di Stato delegato, poi (1697) nella Delegazione generale, ebbe simili competenze; non meno che a Venezia il capo dei venti savi; in Lombardia, il Magistrato delle entrate ordinarie, mutato da Maria Teresa nel Magistrato camerale; a Modena, il Magistrato del buon governo. A Napoli, la sorveglianza finanziaria dei municipi demaniali era tenuta dalla Camera della Sommaria (§ 100), che nel 1626 stabilì per ogni Comune la quantità delle rendite e delle spese ; ma, nel 1738, Carlo III creò una giunta di cinque membri, per la ricostituzione dei pa- Solmi. — Storia del dir. it. 43