PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE XIII segnare la separazione tra l’antico regime particolarista delle città mercantili italiane, durato fino al secolo XVIII, e il nuovo regime a base egualitaria e liberale dei tempi moderni. Generalmente si preferisce la data del 1789 per segnare questo trapasso, cioè la data della Rivoluzione francese. Io ho scelto invece l’anno 1748, cioè l’anno della pace d’Aquisgrana, che, dopo le lunghe guerre di predominio europeo, garantì all’Italia un assetto ingiusto sì, ma pacifico. Si è osservato da alcuni che questo avvenimento si lega principalmente alla storia straniera e non meritava dunque di essere scelto a segnare una grande separazione della storia italiana; mentre altri aggiunse che quello stesso spirito di riforma, che fu la principale conseguenza di quell’evento, non resistette a lungo, ma fu travolto rapidamente dalla reazione. Non è arduo rispondere a queste osservazioni. Se la pace d’Aquisgrana fu avvenimento straniero, e segnò anzi un trionfo austriaco, essa consentì all’ Italia un lungo respiro di pace, che valse a rianimare, pur tra i ceppi del servaggio politico, le virtù native della stirpe. Essa fu pertanto, in questo senso, un grande avvenimento per l’Italia. Non si deve poi dimenticare che la nostra disciplina ha presente la storia giuridica, non già quella civile: e per la storia delle istituzioni nostre, il mutamento tra l’antico regime ed il nuovo prende inizio non già dal 1789, come per la Francia, ma dal periodo delle riforme del secolo XVIII. È vero che quelle riforme non avrebbero forse effettivamente fruttato, senza la scossa salutare della Rivoluzione francese; ma ciò non modifica il fatto concreto che le istituzioni giuridiche italiane, profondamente modificate dai provvedimenti informatori del secolo XVIII, in forza di un movimento che si attacca tanto allo svolgimento spontaneo delle nostre tradizioni, quanto alle nuove idee filosofiche francesi, hanno già da questo momento l’aspetto nuovo del diritto moderno.