392 Console del m are poi, col ricavato della vendita di certi tabacchi austriaci, creò una banca industriale agricola intitolata: “ Pietas Julia” che era già in funzione ai primi di gennaio. «Sono fierissimo di questa mia istituzione che promette di essere il sostegno e la base di uno sviluppo agricolo e commerciale non prima veduto in Istria. Mentre da una parte faccio queste cose, dall’altra spurgo senza pietà la popolazione da tutti gli agitatori jugoslavi. Gli effetti sono già palesi. Il giornale croato di Pola ha già troncato le sue pubblicazioni rimettendole a tempi migliori. Il comitato di Zagabria ha squalificato con veemenza il capo del partito jugoslavo di Pola perché si è lasciato sopraffare dagli italiani ». « Il più grande proprietario del paese, il padrone delle isole Brioni, si è fatto italiano. Altri ottocento ex-ufficiali e impiegati hanno fatto la domanda di giurare fedeltà all’Italia. Tutti questi risultati mi pare che contino qualche cosa, specialmente in confronto di Trieste ove oggi sono più slavi di quanti ce ne fossero prima della nostra occupazione, e ove si fa una feroce propaganda contro di noi ». Visitò le scuole che aveva fatte riaprire; capitò durante le lezioni fra i ragazzi messi in soggezione dalla sua figura alta, severa, cosi diversa dal massiccio Tegetthoff che erano soliti vedere nella statua dell’ormai inutile monumento. Qualche mese dopo, incaricata dal Comando Supremo, venne a visitare le stesse scuole l’educatrice Maria Pezzè Pascolato, già traduttrice degli Eroi di Carlyle; nel lasciare la città essa scrisse una lettera in cui, come se parlasse appunto a uno di quegli eroi, diceva: « Dove governa Umberto Cagni, non c’è bisogno di mandare né me, né chi valesse ben più di me a fare ispezioni nelle scuole. Non c’è che da mandare in pellegrinaggio di gratitudine e di ammirazione, e da cercare di imitarne l’opera santa di penetrazione italiana attraverso le anime dei fanciulli e delle madri. Certo che imitare non è facile, perché l’opera di un uomo cosi grande ha necessariamente un’impronta ed una autorità tutta personale ». « Ma neppure è inevitabile — aggiungeva alludendo a situazioni trovate in altri luoghi — che altrove gli uomini siano tanto piccoli, da non poter coordinare il lavoro di un ufficio con quello dell’altro vicino, per il fine comune... ».