mOtuo e usuitA *85 agli interessi; la pena del doppio ricorreva solo quando fosse stata espressamente stipulata, e ormai tendeva a sparire. Per i vizi e difetti della cosa venduta, ebbe a lungo valore, a profitto dell’alienante, il benefìcio barbarico di poter provare col solo giuramento la sua buona fede al tempo della vendita; ma più tardi si accolsero anche qui le regole del diritto romano. La storia del mutuo nel medio evo si presenta soprattutto come una lotta contro il divieto canonico dell’usura. Questo divieto, che si era venuto maturando in un’economia prevalentemente fondiaria (§ 75), giustificato dal noto passo dei testi sacri, e confermato ora dalla rinascita delle erronee dottrine aristoteliche sulla improduttività del denaro, per il decorso del tempo, trovò nei testi canonici una ferrea disciplina, che storicamente ebbe la funzione di frenare il soverchio slancio del capitale circolante, allorché il risorgimento economico avviò lo scarso numerario agli impieghi enormemente fruttiferi dall'industrialismo nascente (§ 78), impedendo così l’elevazione illimitata del saggio dell’interesse. Di più, imponendo come condizione essenziale per il prestito lecito del denaro l’obbligo di sicurare il fondo con garanzie immobiliari per i creditori, le quali venivano raffigurate talora come vendita sotto condizione sospensiva, la Chiesa esercitò la funzione di attrarre negli istituti di credito nascenti (Monti di pietà, Casa di S. Giorgio in Genova, Monte dei Paschi in Siena, ecc.), i capitali disponibili; mentre, obbligando questi istituti a non oltrepassare il fondo di sicurtà, tratteneva dalle imprese soverchiamente arrischiate, in tempi di scarse cognizioni economiche. È noto che questo risorgimento provocò, nell’ economia medievale, un profondo squilibrio, per cui i possessori fondiari (e tra essi aveva primo luogo la Chiesa) furono trascinati a rovina; poiché la mancanza di una salda organizzazione del credito e i rischi a cui era Solmi» — Storia del dir. it. 50