DIFESA. TERRESTRE e marittima 573 mente interessati; e perciò fu debole o nulla: 1' Italia pagò l’errore con la lunga soggezione straniera. Le stesse monarchie, erette sul sistema feudale, non potevano segnar progressi nell'ordinamento delle milizie, poiché esse derivavano la forza combattente dall'obbligo del servizio militare dei baroni e dei loro dipendenti; lasciavano ai cittadini la difesa delle città, e ricorrevano alle compagnie di ventura ogni volta che fosse necessario di costituire un nerbo di sicuro esercito per la guerra. Anzi, nelle monarchie tenute da dinastie straniere, come a Napoli, in Sicilia, in Sardegna e altresì negli Stati della Chiesa, si assoldavano a preferenza milizie straniere, ritenute più fedeli e più esperte. L’ arte delle fortificazioni fa gran passi nel periodo dell' autonomia, che si giova dei castelli feudali e li completa coi suggerimenti nuovi della scienza guerresca. Alle costruzioni si adibiscono, personalmente o per tributo, i cittadini; alla difesa dei castelli, mantenendosi il sistema feudale di tenervi gli abitanti, si preferisce ora di chiamarvi gruppi di stipendiari. Le città marittime intanto, e specialmente Pisa, Genova e Venezia, costituiscono e perfezionano i mezzi di difesa e di offesa per mare, dapprima adoperando ogni naviglio mercantile, del resto sempre munito, anche ai bisogni delle guerre, e poi costruendo speciali navi belligere (galee). Le une e le altre ebbero gran parte nelle Crociate e nelle lotte contro i predoni saraceni, che infestavano il Tirreno, e conquistarono il vanto, nelle imprese d’ Africa, di Sardegna e di Maiorea, di liberare per la prima volta il mare e renderlo sicuro ai commerci attivissimi del Mediterraneo. Alle forze di questi navigli, si deve la grandezza delle repubbliche marittime d’Italia, e principalmente di Venezia "e di Genova; ma le rivalità di predominio tra le varie città e l’assenza di un principio ordinatore impedirono che queste forze portassero tutto il loro frutto; sicché, invece, ne prepararono la decadenza.