308 DIR. PRIV. nell’età ROM.-barbarica [§ 58 mundoaldo non restò, sotto l’aspetto patrimoniale, se, non il diritto di esigere l’importo del mundio. Ormai la donna era dotata di un proprio patrimonio, del quali poteva liberamente disporre, anche per testamento; interveniva agli atti alienativi del marito o dei figli, e dava il suo consenso; anche vedova e finché restasse vedova, poteva ottenere, per concessione del marito, il diritto di amministrare il patrimonio familiare e di tener la tutela dei figli minorenni. Di più, in alcune città dedite al commercio, come a Genova, la donna longobarda, anche in rapporto alle alienazioni è pienamente libera dalle limitazioni del mundio. Oramai l’inferiorità della donna, espressa nel mundio e negli altri istituti a questo congiunti, secondo ìe nuove forme del diritto volgare italiano, diventa, più che altro, un mezzo diretto a salvaguardare la donna da ogni raggiro o violenza da parte degli estranei o dello stesso mundoaldo; onde, nella pratica e nelle leggi longobarde, cominciò a richiedersi anche l’assistenza del giudice e dei parenti agli atti alienativi delle donne maritate, per accertarsi che non soffrissero violenza (1). In pari tempo, mentre, nel regno italico, ebbe valore l’uso di richiedere ai re la concessione di un mundoaldo speciale per taluni atti giuridici, nella pratica longobarda dell’Italia meridionale, si consentì la scelta di un mun-dualdus extraneus, per modo che fu lecito alla vedova di trasferire ad una persona, da essa volontariamente scelta, il diritto sul proprio mundio; e si rese valido il matrimonio anche senza trapasso del mundio, restando questo in possesso della famiglia paterna, che esercitò, a prò-fitto della donna, quasi una sorveglianza sui trattamenti del marito. Si rivelava in queste istituzioni, accanto al principio pur persistente della inferiorità gw (1) Liut., cc. 22, 29. I.a pratica, accolta nel diritto longobardo de Italia meridionale ed anche in altri luoghi, allargò la disposizione anc a donne vedove e nubili.