30 PERIODO BIZANTINO coìlegium); le grandi opere d’ interesse pubblico sono assunte direttamente dallo Stato, con un sistema di esclu sivismo sempre più invadente e eorruttivo (monopolia); 1’ amministrazione delle città si svilisce nella responsabilità obbligatoria e collettiva dei curiali (ordo) ; gli ufficiali minori sono condannati alla eredità delle cariche amministrative e professionali (officium); 1’ ordinamento delle milizie si regge esso medesimo sul principio della eredità professionale e della obbligatorietà, che incombe come dovere ai figli e ai discendenti dei velerani (nu-merus). Ma questo irrigidimento del lavoro, delle professioni e delle cariche, inteso ad assicurare 1’ adempimento delle prestazioni e delle attività necessarie alla vita sociale, non giunge a frenare il moto della decadenza; anzi prepara più rapido lo sfacelo, allorché l’urto dei conquistatori barbarici diviene più fiero. L’Italia non è più, per l’impero d’Oriente, che una lontana provincia, dove 1’ esercito, costituito in gran parte di infidi elementi barbarici, tiene il predominio ed è insufficiente alla difesa. L’imperatore d’Occidente, investito da più di un secolo di un potere appena onorifico, è quasi ombra vana. Allorché i barbari, stretti in salde confederazioni e ansiosi di rapina e di nuove sedi, si mossero con urto possente, le scarse milizie romane dovettero cedere, e gli Unni, i Yandali, i Goti passarono sulle provincie da conquistatori, e in parte le desolarono; in parte le tennero soggette. La sollevazione delle schiere raccogliticcie, che formavano il presidio italiano, comandate da Odoacre, e composte di Eruli, di Sciri, di Turcilingi, bastò a dare l’ultimo crollo all’impero d’ Occidente. Ma la deposizione di Romolo Augustolo, compiuta da Odoacre nell’anno 476, con l’intento di assicurare alle milizie barbariche una parte della proprietà delle terre da dividersi tra i soldati, e pertanto la fine dell’impero d’ Occidente, non giungono a mutare sostanzialmente le condizioni d’Italia. É solo per convenzione che quella