[§ 105] eOGNfZIONE ORDINARIA 607 La sentenza si forma con la maggioranza del collegio giudicante o col giudice unico; ma, anche in quest' ultimo caso, resta, avanzo del sistema primitivo, l’obbligo fatto al magistrato di ricorrere al parere di uno o più dotti (consilium sapientis), su richiesta di una parte o quando lo si ritenga opportuno (§ 101). La sentenza, prosciolta da molte formalità, che in antico erano richieste sotto pena di annullamento, è redatta in iscritto, viene pronunciata nel tribunale entro certi termini, ed è conservata in atti. Il suo disposto crea una verità formale e giuridica, che, in difetto d’appello, può diventare definitiva (1); e ciò si ammette anche per le sentenze interlocutorie, benché queste ultime non obblighino il giudice se non a definitiva sentenza. Se in origine la parte soccombente non era sempre tenuta alle spese, ora il rimborso diventa la regola, e si determina in base a una percentuale del valore della causa o in base a una tassa fissa per ogni atto processuale. L’appello, prima proposto verbalmente nell’atto della sentenza, si propone ora in iscritto, al magistrato giudicante, entro un termine di dieci giorni, presentando gli atti al magistrato superiore (§ 101). Il nuovo giudizio si svolgeva con le stesse forme, ma con termini abbreviati, e poteva esser fatto anche per revisione o per nullità in base a giusti motivi. Per le cause minori o sommarie si applicava l’appello per gravame, giudicato senza presentazione di nuovi atti. Le rigide e frequenti formalità della cognizione ordinaria, escogitate dal diritto romano, canonico o germanico, per attribuire maggiori garanzie alla difesa giudiziale del diritto, col ricorso alle dilazioni, agli incidenti, alle eccezioni, alla moltiplicazione dei termini (1) Tancredi, Ordo iudic., ed. Bergmann, IV, tit. 1, § 6: «quia res ■udicata praeiudicat veritati ». Cfr. Chiovenda, in Riv. ital. di scienze (jiitr., XLIII. 1907. pag. 140; e Menestrina. ivi, pag. 157.