[§ 1091 DECADENZA COMMERCIALE 625 territoriali e la necessità della difesa contro i Turchi ne stremino le energie: essa, mentre difende il sentimento e la dignità nazionale contro l’albagia spagnola e rivendica i diritti dello Stato contro la reazione cattolica, continua con fortuna ad esercitare il commercio coloniale e protegge le industrie, con un sistema di intervento politico, già da secoli instaurato, che attenua o ritarda i danni della decadenza. Così Genova, sostenuta dalla Casa di S. Giorgio, potente istituto finanziario, che ha in mano tutta l’amministrazione delle colonie e delle finanze, pubbliche (§ 100), regge alla concorrenza straniera, con un governo rimasto più a lungo indipendente. Così le grandi città toscane, più lente a cadere sotto l’assolutismo del principato, continuano l’industria della lana, cui aggiungono quella della seta, e il traffico del denaro ha per esse tuttora impiego fruttifero, poiché Piacenza, con Besanzone, è sede precipua del commercio cambiario occidentale; Li“ vorno si afferma come porto franco potente, rivaleggiando con Marsiglia e con Barcellona; Ancona e Napoli esercitano il commercio marittimo su larga scala; Milano e Firenze sono sedi di fiorenti industrie. Perciò il diritto commerciale, fondato su basi granitiche dai postglossatori (§ 92), riceve in Italia definitivo sistema nel secolo XYI (§ 112), quando è più profonda la decadenza, quasi che la civiltà comunale italiana, avanti di spegnersi, volesse fermarne, nella scienza e nelle leggi, le regole. Ma il decadimento precipita nella seconda metà del secolo XVII. Francesi, Inglesi, Olandesi soppiantano gli Italiani nel commercio col Levante; le grandi fabbriche straniere, specialmente a Lione, fanno concorrenza anche nell’industria della seta; il commercio del denaro è esercitato da banchieri potenti di Germania e di Francia; le grandi fonti di reddito sono ormai nello sfruttamento delle ricchezze del Nuovo Mondo e delle colonie oceaniche, da eui l’Italia è esclusa. Si aggiunge laro- Solmi. — Storia del dir, il. 40