VI VIGILIA D’AZIONE Ma le settimane passavano e nel paese cresceva l’impazienza alimentata dal clamore dei giornali. L’8 settembre fu compiuto un primo tentativo di disincaglio benché non tutti i pesi fossero ancora sbarcati né fossero applicati tutti i mezzi di spinta. Uno per uno tutti i cavi di rimorchio tesi fra la “Dandolo” e la “San Giorgio” si spezzarono per lo sforzo eccessivo. Ed il lavoro continuò sotto la deprimente impressione di quell’insuccesso. Solo quando la nave fu del tutto alleggerita le onde lunghe del mare e l’alta marea cominciarono a farne oscillare la mole come per un palpito di vita. Quella promettente mobilità rianimò le speranze nei pessimisti e diede a Cagni una estrema impazienza di concludere. Si adoperò perché fossero tamponate le falle e demoliti con mine subacquee dai palombari gli scogli sporgenti del fondale. Con audace insistenza pretese l’incarico di dirigere lo sforzo di trazione, e l’ottenne malgrado la vivace opposizione di Cutinelli, nuovo comandante del “San Giorgio”, più anziano di Cagni e perciò restio a far rimorchiare l’incrociatore dalla “Sicilia” per un certo pregiudizio d’onore marinaro. Fra i due comandanti, l’uno piemontese, l’altro napoletano, esisteva una assoluta opposizione di temperamenti che in qualche occasione li fece apparire quasi come capi di due scuole e gruppi rivali. Ma in questa circostanza Cagni ebbe dalla sua la buona ragione per farsi ascoltare, poiché la “Sicilia” da lui comandata era la nave più adatta per riuscire nel tentativo con la sua massa di 14.000 tonnellate e i suoi 20.000 cavalli di forza. Arrivato a questo punto, Cagni s’investi del suo compito con tale risolutezza da non far più tanto caso a quanti lo circondavano, quasi impegnasse una lotta personale contro le forze che tenevano ferma la “San Giorgio”. Predi-