28' PERIODO BIZANTINO difendibile, la diga alle temute irruenze teutoniche, e la raflorzò con la stabile dislocazione delle milizie nei campi trincerati delle frontiere. E per cinque secoli ancora il colosso romano, fieramente minacciato, si resse, e, se cadde in Occidente, fu soltanto dopo aver fiaccato e disperso gran numero di popolazioni barbariche, dopo aver piegato molte di queste alla civiltà e al diritto di Roma, e dopo aver creato in Oriente a sè medesimo una eredità non meno duratura. Ma la debolezza militare, che fu la causa prima della rovina, trova alla sua volta spiegazione nelle condizioni interne della società romana. Già da parecchi secoli, con la ricchezza, e più tardi con la cultura ellenica, era venuto meno lo spirito militare; e sotto l’impero la forza armata era stata stabilmente e legalmente costituita con le milizie assoldate, tra cui si era fatto sempre più numeroso l’elemento barbarico, chiamato alla professione delle armi. La, vita pubblica era ormai tutta intera nelle mani di una vasta burocrazia ordinata a sistema gerarchico; ma questa burocrazia, raccolta dalle più varie provincie e anelante a salire nelle ricchezze e negli onori, era divisa nelle fazioni, e spesso corrotta e corruttrice. L’enorme aggravio delle spese pubbliche imponeva un sistema rigorosamente fiscale, rivolto a conseguire a qualsiasi costo, la somma fissata, ciò che esauriva i cespiti della ricchezza e irritava gli onerati. Il cristianesimo, ch’era stato per lungo tempo una forza dissolvente dell’antica compagine romana, anche divenuto religione ufficiale dello Stato, aveva dato motivo a nuove divisioni di parte, coi suoi frequenti conflitti confessionali, di cui il nuovo spirito ellenico largamente si compiaceva. L’Impero, in preda alle fazioni, dipendeva ormai dall’esercito, guidato da capi ambiziosi e facile agli abusi e alle rapine; sicché, anche rinnovato su basi militari, per opera della nuova monarchia assoluta del periodo dioclezianeo, volgeva a rovina. Così, mentre lo spirito robusto e sincero dell’ antica