66 PERIODO BIZANTINO [§ 12J al trono, per dare solenne promulgazione alle leggi, per garantire la conservazione delle istituzioni romane, per comunicare coU’impero d'Oriente, nei momenti più gravi e difficili. Ma anche il Senato muta carattere, poiché le sue funzioni, di fronte all’autorità illimitata del monarca, vengono ad essere di fatto ristrette o restano come semplici onori, gravemente ripagati, poiché i senatori sono assoggettati a molteplici oneri finanziari (gleba, aurum oblaticium), che ne rendono pesante l’ufficio. Decimato durante la guerra gotica, il Senato riprende vigore con le riforme giustinianee, da cui ebbe la sorveglianza sui pesi e sulle misure e forse altre funzioni coordinate con l’ufficio della riscossione dei tributi. Ma alla metà del settimo secolo, la decadenza del Senato si fa più grave: esso apparisce ancora a indirizzare nel 579 un’ambasciata all’imperatore Tiberio e nel 603 ad acclamare la statua dell’imperatore Foca; e forse interviene più tardi nelle cerimonie solenni per l'esaltazione dei nuovi imperatori e l’accoglimento dei suoi delegati. Ma esso tende ormai a mutarsi in effetto in una delle istituzioni cittadine, che reggono particolarmente Roma e il suo ducato, a cui l’invasione longobarda restringe sempre più il territorio (§ 18). La carica senatoria, attribuita ancora agli alti dignitari per nomina imperiale e per cooptazione, e più tardi anche per nomina pontificia, diventa poco più che un titolo, il quale poco conserva delle antiche funzioni di governo (clarissimi, señalares, e anche cónsules e consulares) (1). Il potere supremo restava quindi concettualmente al capo dello Stato, che aveva a sé sottoposta la gerarchia dei pubblici ufficiali. Il principio direttivo delFammini- ' (1) L’appartenenza dei consules al Senato e la continuità di una vita effettiva-del Senato a Roma e a Ravenna sono sostenute dal Mayer, IL 9 e seg. Cfr, Niese, pag. 297 e Besta, pag. 82-3 .V. pare Tomassetti, in Riv. int. di se. soc., VI (1899), pag. 49.