[§ 1381 BENEDIZIONE NUZIALE 807 provocò gravi danni, non solo per la difficoltà di distinguere le vere unioni coniugali dal semplice concubinato, ma anche per il gran ^numero dei matrimoni clandestini e per i casi frequentissimi di bigamia. Riconoscendosi valore giuridico ad ogni unione vera e rata in qualsiasi forma, si apri l’adito ad una libertà licenziosa, sicché la condizione civile delle persone si fece incerta, e ne scaturirono interminabili dispute dinanzi ai tribunali ecclesiastici e civili. Invano il concilio Lateranense del 1215 aveva tentato di opporre un argine alla licenza, introducendo l’obbligo delle pubblicazioni preliminari e della celebrazione del matrimonio in facie ecclesiae: la legittimità del vincolo, riposta unicamente nel consenso, impedì che 1’ inosservanza di questi obblighi producesse vizio. La potestà civile, che non aveva saputo avversare la rapida conquista ecclesiastica del territorio matrimoniale, intenta pur essa a favorire le unioni coniugali, per l’aumento delle popolazioni lavoratrici, non seppe o non volle escogitare provvedimenti riparatori, nel troppo minuto frazionamento politico della nazione; onde solo qua e là si vide sorgere qualche disposizione, diretta ad obbligare i vescovi a tenere i registri dei matrimoni (Bologna, 1454), ad avocare le unioni coniugali ai magistrati (Lucca), mostrando così non pienamente disconosciuto l’interesse del potere pubblico nel matrimonio. Il contegno della Riforma verso il matrimonio e la necessità di ovviare a quei danni incitarono il Concilio di Trento a deliberare definitivamente sulla materia; e se ne ebbe (1563) una profonda innovazione, per la quale si cancellò il carattere laico dell’istituto, fino allora in gran parte rispettato, e si obbligò la celebrazione del matrimonio ad una forma solenne, ingiungendosi che gli sposi si presentino al parroco, dopo tre pubblicazioni, in giorno di festa, onde egli li congiunga in matrimonio, davanti a due o tre testimoni, nell’atto