862 ETÀ MODERNA [§ 147] (1806), la quale non seguì il sistema francese dell’enumerazione dei diritti aboliti; ma, proclamata l’abolizione, lasciò al magistrato di determinare singolarmente le facoltà o i doveri, che si intendevano soppressi. Questa legge trovò saggia applicazione grazie all’ opera assidua e coraggiosa di una Commissione feudale, che ebbe a capo il Winspeare; commissione che ebbe poteri di tribunale straordinario, chiamata a risolvere tutte le contestazioni e a restituire alle persone e alle terre la libertà, fino allora limitata dai vincoli feudali. Nella Sicilia, invece, rimasta fuori dall’ occupazione francese, la tendenza non si affermò propriamente che con la rivoluzione del 1812, e non si manifestò apertamente se non con la legge generale del regno delle Due Sicilie del 1816, benché di fatto la feudalità continuasse a vivere, finché fu spenta, per effetto di lenti riscatti, intorno all' anno 1888. Anche più tardi cadde il feudo in Sardegna, poiché ivi 1’ abolizione si compì, pure per opera di riscatti e di convenzioni singolari con i feudatari, in base a una provvida legislazione, iniziata soltanto nel 1832. Ma un altro grave compito spettava allo Stato, fatto consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri : quello di restringere le prerogative giuridiche della Chiesa, largamente riconosciute, allorché il dominio quasi patrimoniale del principe sullo Stato aveva-dovuto invocare a proprio sussidio l’azione protettiva e interessata della religione cattolica e del clero (§ 119). Si delinea quindi, presso tutti gli Stati italiani, dalla metà del secolo XVIII, una risoluta tendenza a por fine agli inconvenienti, che si erano venuti manifestando, per la larghezza delle concessioni fatte alla Chiesa; tendenza fondata sulla dottrina delle regalie, propugnata dal Giannone; e anzi, poiché lo Stato è tuttora confessionista e vede nella Chiesa uno strumento di governo, ne sorge il sistema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa che consegue ai tempi di intima unione tra le due potenze, allorché sia