[§ 127] ESPROPRIAZIONE PRR PURBL. UTILITÀ 739 ritto non soltanto che si recasse il minimo nocumento alla sua proprietà, ma anche che questa, quando dovesse venir meno, gli fosse garantita e compensata dal pubblico. Le prime manifestazioni dell’ espropriazione si hanno infatti fin dall'origine del Comune (1), poiché le proprietà, fatte cedereo espropriate al privato, per qualche grande interesse generale, per isolare o spegnere un incendio, per erigere fortificazioni, per arginare fiumi o torrenti, sono sempre compensate sulla base di un prezzo di stima, determinato da ufficiali pubblici o da periti, (extìmator). Senonchè le prime dottrine dei glossatori, non trovando appoggio all’istituto nelle fonti romane, lo collegarono al concetto del dominio eminente del principe, e, esagerando l’onnipotenza dello Stato, affermarono che l’imperatore poteva disporre delle sostanze private, anche senza indennizzo, mentre i canonisti vollero questi diritti garantiti al pontefice. Ma già il glossatore Bulgaro propugnava la natura prettamente pubblica del dominio eminente del principe e la necessità quindi di esigere l’elemento del pubblico bene, per modificare o sopprimere la proprietà privata; finché i postglossatori, sicuri interpreti della vita pratica, elaborarono una dottrina, per la quale, pur ammettendosi la plenitudo potestatis dell’imperatore e un certo supremo arbitrio suo nel modificare la proprietà privata — arbitrio che Bartolo rivendicò anche ai Comuni —, si volle tuttavia che, in ogni caso, risultasse, per dichiarazione imperiale e comunale, l’elemento della pubblica utilità, come iusta causa dell’espropriazione, e che sempre intervenisse un compenso (iustum pretium), come equivalente del diritto modificato o soppresso. Nella pratica, l’espropriazione si resse su queste basi, che furono quelle del diritto moderno; anzi il criterio dell'utilità, derivante dall’esecuzione dalle opere pubbliche e rego- (1) Cfr. Zdekauer, op. cit. in fine al presente paragrafo.