COMUNIONE DI BENI 815 taggio, proporzionata alle sostanze familiari e maritali (secundum paragium). Ma, accanto al sistema dotale, vigeva anche in Italia, qua e là, come sappiamo, quello della comunione dei beni (§ 62). Tale regime, sorto soltanto laddove non si era mantenuto il sistema dotale, con l’aggiunta degli assegni maritali longobardi o franchi, era adottato specialmente in Sicilia, in Sardegna, in Piemonte, nellTstria, nella Dalmazia e a Malta; ma ha lasciato qualche traccia altresì ad Amalfi, a Sorrento, a Venezia e in Lombardia. In Sicilia aveva avuto larga diffusione presso la popolazione meno ricca, e si era rafforzato e perfezionato con l'introdursi della comunione normanna, dopo la conquista; sicché veniva detto mos Latinorum o alla latina, perchè usato tra gli indigeni, che non avevano mai dimenticato la lingua madre e tra le persone immigrate dal continente, tra cui erano anche i nuovi conquistatori (Latini)-, mentre il sistema dotale continuava ad essere usato dalla parte più ricca della popolazione, d’origine greca, o più facilmente entrata tra le classi dominanti ai tempi della dominazione bizantina (§§ 5, 30), onde tale sistema prendeva, per contrasto, il nome di >nos Graecorum o alla grichisca. La comunione siciliana, in questo conforme alla normanna, ha carattere universale: Bona viri et uxoris confunduntur et unum corpus efficiuntur; e comprendeva mobili, immobili, debiti e crediti, prendendo inizio dopo un anno, un mese e un giorno dal matrimonio, o dopo la nascita di un Aglio. La comunione abbracciava anche i figli, facendo sorgere un rapporto di proprietà comune sui beni, idealmente ripartiti in tre quote, spettanti ciascuna ai due coniugi e ai figli. In Sardegna invece, dove il regime consuetudinario aveva portato in origine il sistema della comunione universale (§ 62), più tardi, sull’esempio delle leggi aragonesi, diventò regime legale quello della comunione degli utili, il quale escludeva i beni dei coniugi anteriori al matrimonio e ogni altro proveniente a eia-