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RIGORI DELLE PENE
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danno recato da stranieri e non compensato, il diritto italiano elabora l’istituto delle rappresaglie (§ 56).
  Il principio barbarico, per cui nel reato si deve guardare soprattutto all’elemento di fatto, è tuttora consacrato negli statuti e nelle consuetudini di questo periodo, ma già l’insegnamento romano, per cui in maleficiis voluntas spectatur, non exitus, favorito dal diritto canonico, il quale, nel giudizio dei reati, si dirigeva massimamente alla ricerca dell’ animus, induceva ad aver riguardo anche all’ elemento soggettivo e a distinguere il dolo dalla colpa e dal caso, proporzionando le pene, oltreché all’effetto del reato, anche all’ intenzione del reo. Ciò è evidente specialmente negli scritti dei giureconsulti, ma già si avverte anche nelle leggi, le quali sono indotte talora a punire il eonato allo stesso modo del delitto compiuto, e ciò per riguardo forse eccessivo all’elemento intenzionale.
  La pena si spoglia del carattere primitivo della vendetta privata, per servire allo scopo della difesa sociale; ^enonchè i concetti romani dell’ intimidazione e della emenda, quest’ultimo preferito dal diritto canonico, nella forma dell’espiazione, portano a un continuo inasprimento delle pene, con lo scopo, di atterrire i delinquenti e distorglierli dal delitto. Perciò, mentre da una parte la pena, come riparazione sociale, si distingue nettamente dall’ammenda, come riparazione privata, — onde nell’ antica composizione si separa una parte, a titolo di pena, dovuta allo Stato, dalla semplice indennità, riservata ai danneggiati; — dall’ altra le pene afflittive aumentano di numero, di grado e d’importanza, tanto da apparire a dirittura feroci. Si direbbe che lo Stato, non sempre efficace tutore della pubblica pace, vuol vincere l’intima sua pochezza con l’atrocità della pena; benché di fatto le frequenti cause d’impunità, sia per motivo di privilegi e d’esenzioni, sia per ';l facilità di sfuggire dal territorio, sia per i contrasti di competenza fra le numerose giurisdizioni, dovessero