68 PERIODO BIZANTINO siastica ivi dominante, e il vicarius Italiae, residente a Milano e costretto a cedere le sue belle provincie alla conquista longobarda (§ 19). Ai primi anni del secolo VII, si perde ogni notizia dei vicariati; l’ufficio del prefetto al pretorio sembra forse appena adombrato nei prefectura nel territorio napoletano. Anche le altre cariche della corte imperiale, rimaste apparentemente salde ai tempi della monarchia gota, decadono nella loro efììcenza coi mutamenti dello Stato. Tutti quei grandi ufficiali palatini, che attorniavano il principe e, insieme coi più potenti personaggi (speda-biles), formavano il supremo consiglio di Stato (consi -storìum principis), scompariscono con l’istituzione dell’esarca. Tra essi, era stato in prima linea il quaestar sacri palatii, segretario del principe per gli affari a questo deferiti e per la redazione degli atti legislativi e amministrativi; mentre accanto a lui si era mantenuto il magister offìciorum, come capo di tutti gli uffici di corte e particolarmente degli scrinici, da cui si emanavano e si regolavano gli ordini di esecuzione degli atti del governo centrale. Oltre il secolo VII, non si ha notizia di questi alti ufficiali, e appena si continua il ricordo dei palatini, dei magistriani, dei praefecturii, ufficiali attaccati alle tradizioni degli antichi uffici centrali (scrinia). Non altrimenti si erano mantenuti gli uffici supremi deU’amministrazione finanziaria: il comes sacrarum lar-gitionum, amministratore del tesoro dello Stato, insieme coi due amministratori del tesoro del principe, chiamati a governare distintamente il patrimonio fiscale, che spettava al monarca come capo dello Stato (comes rerum privatarum), e il patrimonio personale del sovrano (comes patrimonii), nettamente distaccato dal primo. Naturalmente questi, che erano uffici di corte, dovevano cadere in Italia, allorché, nel governo dello Stato, si sostituì al principe l’esarca, come semplice funzionario dell'imperatore; e rimasero invece gli uffici interni degli