DIR. DI ESPROPRIAZIONE 365 sulle foreste, sui pascoli, sulle miniere entrano nel patrimonio dei signori feudali, e sono trattati quasi come diritti patrimoniali, benché il diritto del signore dovesse essere, in essenza, più di protezione e di controllo, che non di godimento e di riserva. Ma poiché tutti, insieme coi diritti sovrani, si considerano tenuti per concessione regia, si forma il concetto di un dominium emi-nens, spettante al sovrano su tutte le terre incolte e disoccupate e sui patrimoni ecclesiastici, allargato talvolta fino a comprendere anche i patrimoni privati, intendendosi che 1’ esercizio del diritto ad essi relativo dipenda da espressa o taeita concessione del re. Questo concetto, per quanto nutrito di elementi patrimoniali barbarici, resta pur sempre nel campo del diritto pubblico, poiché si considera come una signoria di natura sovrana, e il diritto italiano, specialmente nell’ Italia meridionale, ha contribuito potentemente a mantenerlo entro questi confini. Tra i limiti della proprietà fondiaria non giunge per ora a costruirsi un diritto di espropriazione per pubblica utilità. L’istituto era noto al diritto romano, come fondato sulla ragione di un pubblico interesse e compensato da una giusta indennità ; ma il concetto del-1’ onnipotenza dello Stato, a cui i diritti privati dovevano sempre cedere, aveva forse impedito che si determinasse nella scienza e nelle leggi con più precisi confini. Tuttavia, se anche può essersene salvata l’idea, non poteva svolgersi in questa età, allorché mancavano le esigenze delle grandi opere pubbliche, che ne sono il necessario presupposto. Per le grandi vie, serviva la rete stradale romana ; per le fabbriche urbane, gli antichi palazzi pubblici; le chiese si costruivano per coo-perazione volontaria di tutti i cittadini, e le cessioni si facevano forse senza conflitto. Nò poteva sorgere dal diritto germanico, sulla base della regalia del suolo 0 del dominio eminente del sovrano, perchè questo concetto è, come si è visto, abbastanza tardo per l’Italia,