LEGGI BENEVENTANE 139 statuto), aggiunte dallo stesso re all’editto di quell’anno. E di Rachi si ha pure ricordo di una iussio regis (1), oggi perduta. Un sèguito alla legislazione longobarda si ebbe più tardi, nelle leggi del principato indipendente di Bene-vento, ove parve raccogliersi l’eredità del regno caduto. Capitoli in continuazione dell’Eiitto emanarono il principe Arechi nel 774 circa, e quindi il suo successore Adelchi nell’866; e dello stesso territorio si hanno alcuni trattati conclusi coi Napoletani (Pactiones de Leburiis cum heapolitanis factaé), il primo dei quali è forse del 780 e di Arechi, gli altri appartengono agli anni 833, 836, 847 (2), e sono di notevole interesse per la ricostruzione del diritto volgare delle regioni meridionali. Inoltre lo svolgimento del diritto longobardo non si chiuse con la conquista franca: questa conservò in vigore le leggi precedenti, e volle che le nuove, pur anche se qualche poco mutate di carattere, fossero riguardate come una semplice continuazione delle antiche (§ 24). Poco resta a dire ancora sull’indole del diritto longobardo. Riguardo all’applicazione delle leggi sul territorio, pare certo che l'Editto di Rotari ebbe, nel concetto del legislatore, valore territoriale (3), perchè rivolto senza eccezione a tutti i sudditi; e tale valore serbarono gli Editti dei re posteriori. Ma ciò non significa che tutte le disposizioni dovessero valere per tutti, in ogni rapporto. Alcune si riferiscono ai soli Longobardi, altre ai soli Romani (4); e anche dove manca ogni espresso riferimento a categorie speciali di persone, è evidente che molte leggi dovevano riguardare solo i conquista-tori; méntre il diritto romano continuò a vivere presso (1) Rat,eh., c. 4. Si avverta anche il carattero delle leggi di Liut., c. 139-142, prima dell’inserzione nel l’Editto. (2) Non 851, òome dicono le edizioni. (3) Roth., prol. e c. 386. (4) Roth., c. 194; Liut., c. 127; Ahi., c. 4.