764 DIRITTO PRIV. NELL’ETÀ DEL RINASCIMENTO [§ 131] Intanto le fonti romane risuscitavano altri tipi di contratto. La dottrina rinnovava la virtù obbligatoria dei quattro contratti classici consensuali romani (mandato, società, locazione, vendita); mentre il diritto canonico e la pratica, specialmente commerciale, inducevano a rompere la separazione romana tra contratti e patti, e a dare a qualsiasi convenzione, purché formata coll’accordo volontario delle parti, l’efficacia del contratto. Questa trasformazione domandò un lungo lasso di tempo, ma si compie tutta in questa età, sotto la spinta delle nuove condizioni economiche e delle dottrine giuridiche italiane. È noto che il diritto romano distingueva, nel concetto unitario della conventio, due istituti diversi per natura e per effetti: il contractas, convenzione munita di forme legali e conchiusa in base a una delle cause legalmente riconosciute, che dava luogo a un rapporto obbligatorio fornito d’azione; e ilpactum, convenzione priva di forme, che resta fuori dalle fisse categorie dei contratti e che produce, tutt’ al più, una eccezione. Ma la Chiesa, che muoveva da concetti puramente morali, aveva già da secoli proclamato il principio che ogni promessa dovesse costituire un obbligo di coscienza e che quindi la violazione di un patto, stretto anche senza solennità di forme, dovesse considerarsi come peccato. Già all’inizio di questa nuova età, l’adempimento di una promessa era considerato obbligatorio, almeno dinanzi al foro ecclesiastico, e produceva sanzioni penitenziali, generalmente osservate (con-dictio ex canone, denuntiatio evangelica). Queste dottrine non potevano restare senza influsso anche sul diritto civile. Si è veduto che il sentimento religioso aveva dato valore alla promessa, quando fosse rafforzata con giuramento (§ 72); ma ciò dette luogo a una grave controversia, fino dal tempo dei primi glossatori. Si trattava di determinare se la rinuncia del minore, ammessa dal Codice giustinianeo, purché con-