— 119 — l itorio albanese, si persuase die veramente • Scanderbeg si fosse ritratto per paura. L’esercito turco si rassicurò, e, rilassatasi la disciplina, i soldati già si sbandavano di qua e di là per bottino. Esso s’era accampato nella pianura di A.1-bulena a occidente del monte Tomenischta; Scanderbeg occupò questo monte, e divise il suo esercito in tre parti; della prima parte tenne egli stesso il comando, della seconda lo tenne Moisè di Dibra, e della terza Giovanni Stresio Balscia e Pietro Emanuele; assalì poscia i Turchi da tre lati diversi ai 24 settembre 1457, in sul mezzogiorno, essendo un caldo soffocante. Il grido di guerra degli Albanesi, il clangore delle trombe, il crepitio dei fucili annunziarono che Scanderbeg era quivi, mentre i Turchi ne avevano perduto ogni traccia. I loro cavalli pascolavano senza selle, e i soldati stavano in ozio, le guardie dormivano all’ombra delle querce e i loro capitani discutevano se fosse più opportuno aspettare senza far nulla in Albulena o stringer d’assedio Croia. I Turchi si batterono valorosamente, ma ormai la battaglia era perduta sin dal primo momento, e quelli che scamparono si diedero alla fuga. Circa 20.000 morti coprivano il terreno, 1500 furono fatti prigionieri, altre migliaia, mentre fuggivano, vennero tagliate a pezzi dai Malesori, e infine tutto l’accampamento cadde, in mano dei vincitori. Tra i prigionieri vi era un San-giak bey, chiamato Mesid, e lo stesso Amza fu preso vivo da Zaccaria Groppa e da due soldati albanesi, chiamati Stefano > "bini e Vincenzo Baleni, i quali lo menarono incatenato alla presenza di Scanderbeg. Questi, come Davide per Abesalom-me, aveva dato ordine che non fosse ucciso il traditore della Casa, della Fede, della Patria, ma che fosse preso vivo. Il bottino fu senza numero. Quasi ogni soldato ebbe un cavallo carico di ogni cosa. Scanderbeg trovò nella tenda del comandante generale quasi 10.000 ducati. Moisè distribuì ai Dibrani la parte di bottino spettante a lui e si rimase pago •lolle lodi di Scanderbeg. Come le legioni di Giulio Cesare a Farsaglia, i soldati trovarono le mense imbandite sotto le tendo dei nemici, e la tenda del comandante era ordinata e arredata