— 120 — con tanto lusso quanto gli Albanesi non avevano visto nemmeno in sogno. Scanderbeg, come ebbe dato sepoltura ai morti, fece il suo ingresso trionfale a Croja. Questa volta gli Albanesi si spogliarono degli abiti di lutto eh© avevano indossati in memoria dei caduti di Berat per celebrare questa splendita vittoria. La battaglia di Albulena fu celebrata con canti in tutta l’Albania e gli ambasciatori di Scanderbeg con oggetti tolti ai Turchi e lettere sormontate dalla corona di alloro portarono il lieto annunzio nelle corti di Roma, Napoli, Budapest, Venezia e Francia. Costantinopoli fu assai commossa da questa disfatta inaspettata. Il Sultano pagò 15.000 ducati per riscattare Mesid bey e 40.000 per riscattare gli altri ufficiali. Amza Castriotta, del quale; il Sultano nulla volle sapere, fu da Scanderbeg mandato in Napoli ad Alfonso come prigioniero con 12 cavalli, 4 bandiere turche e la tenda meravigliosa di Issak Daut pascià. Gli ambasciatori del Sultano che portarono il prezzo del riscatto degli ufficiali prigionieri, proposero a Scanderbeg la pace o un armistizio con la condizione liti possidetis, cioè ciascuna delle parti conserverebbe quanto era in sua possessione. Il Consiglio insisteva che la proposta fosse accettata, ma Scanderbeg non volle trattare la pace che alla condizione gli fossero rese le fortezze di Berat e Sfetigrado. Discutendosi animatamente la cosa, arrivò un ambasciatore del papa, il vescovo Giovanni Novarro, il quale portava a Scanderbeg una somma di danaro raccolta per le esortazioni del Vaticano in Ragusa e in Dalmazia. Il vescovo introdotto dinnanzi al Consiglio; si felicitò con gli Albanesi per la vittoria di Albu-lena e rese loro noto ufficialmente che il Papa Calisto III si era fatto promotore di una crociata tra i re cristiani d’Europa contro i Turchi e che la speranza sua più grande per la riuscita la poneva negli Albanesi e prima di tutto in Scanderbeg, il quale, morti* l’Huniade, era il solo generale che potesse capitanare la crociata (200). La qual cosa indusse Scali-