armi per espellerli dall’Europa. Fra gli altri principi invitò all’impresa con lettere ed ambasciatori anche Scander-beg (105). Gli Albanesi, incitati dal vescovo di Croja, si sollevarono di nuovo con a capo Arianita. Gino Zanebiscia, figlio di Depa di Argirocastro, fece insorgere lei regioni di Colonia e del Devoli e marciò contro Castoria. Nelle vicinanze di questa città, essendosi scontrato con un esercito turco al comando di Ferid pascià di Caraferia, fu vinto e ucciso in una sanguinosa battaglia. Questa volta non soltanto l’Albania, in piena insurrezione, ma anche l’Europa tutta per bocca di papa Eugenio IV invocavano Scanderbeg in Croia, che era il suo luogo. A questa invocazione Scanderbeg non tardò a rispondere. Nella primavera dell’anno 1443 un esercito ungherese al comando di Ianco Huniade, Voivoda della Ti'ansilvania, entrò in Serbia. Il Sultano Murat II mandò un esercito di 20000 uomini sotto Cara Bey, pascià di Bumelia, e sotto Scanderbeg per tenere a bada il nemico finché non fosse arrivato egli stesso a capo di un altro esercito. Gli eserciti avversari si accamparono di qua e di là dal fiume Morava presso Nissa. Il giorno tre di novembre del 1443, l’Huniade passò il fiume con un esercito di 10.000 uomini e prima che i soccorsi del Sultano arrivassero si gettò su l’esercito turco. Il generale turco, sbigottito dall’impeto degli Ungheresi, si apparecchiava a fuggire, allorché, visto che l’esercito dell’Huniade era piccolo, ordinò di dar principio alla battaglia. Scanderbeg, in luogo di tornare all’assalto continuò la ritirata, la quale a mano a mano si mutò in una vera fuga, che divenne generale nell’esercito turco. Nella confusione della ritirata, Scanderbeg potè trovare il cancelliere e con la spada in mano lo costrinse a rilasciargli un firmano (decreto col sigillo dell’impero) perchè gli fosse resa la fortezza di Croja. Indi fece uccidere il cancelliere perchè le sue intenzioni non fossero manifeste, e con trecento matiani (106), tra i quali era suo nipote Hamza, figlio di Reposio, mosse alla volta dell’Albania. Il Barlezio (107) non ci assicura ma ci fa capire che