344 Sofferenza dell’ammiraglio re assicurazione che il colloquio era desiderato anche da S. A. R. Si chiedeva all’ammiraglio di rispondere con la frase convenzionale: “Venne concessa licenza richiesta a decorrere dal...”, salvo a fornire maggiori particolari a mezzo del corriere inviato. Mi affretto a comunicare all’E. V. la risposta affermativa di S. A. R. ». Ed il colloquio si svolse effettivamente poco dopo. « Si sono veduti fra loro — scrisse poi Cagni — e mi pare con buonissimo accordo ». Egli era allora a Brindisi, lontano dal fronte terrestre, impegnato in altissime funzioni, ma sempre animato dallo stesso assillo: dare armi e cannoni, sempre più cannoni all’esercito; collaborare senza restrizioni, con larghezza di vedute, tanto più che la marina aveva dovuto per proprio conto rinunciare alla battaglia. Eppure anche l’intesa fra i due capi supremi — come riferisce il generale Marietti che fu testimone di tutta la vicenda —• portata fra i formidabili ingranaggi burocratici, ne usci frantumata. Del resto poche settimane dopo quell’incontro il Duca dovette lasciare il comando della flotta. All’inizio del 1916 Cagni si era trovato a Venezia quasi ridotto all’inazione. Umiliato da quella guerra senza movimento, che, malgrado esigesse un lavorio continuo di vigilanza, gli pareva inerzia vergognosa, ebbe tempo di scendere in città a visitare le grandi famiglie amiche dei Canevaro, dei Sambuv, dei Papadopoli, dei Morosini, dei Bran-dolin che aveva frequentato durante le fasi più brillanti della sua carriera; ma trovava le maggiori soddisfazioni negli incontri con D’Annunzio che visitò anche alla Casa Rossa ai primi di febbraio, quando il poeta soffriva già per l’occhio ferito in un incidente aviatorio. Si rividero ancora, ma infine D’Annunzio dovette rinchiudersi per salvare l’occhio sano. In una stanza oscura cominciarono per lui quei mesi di tormentosa segregazione sopra un letto che descrisse poi nel Notturno. L’ammiraglio andò a visitare l’amico. « Sta molto meglio — riferì — ma è di pessimo umore, e si comprende ». I due coetanei vivevano giornate ugualmente dolorose: soffrivano ambedue per la forzata inazione. Sui brevi cartigli scritti nella penombra il poeta ricordò quella visita: «È venuto Umberto Cagni. Di dove? Dal