— 156 — beg a fermarsi, volendo dirgli una parola. Scanderbeg accondiscese, ed allora il soldato gli espresse il suo pentimento per la parola scappatagli di bocca, e lo pregava di perdonargli promettendo di non ricadere in eguale mancanza; che se Scanderbeg non gli avesse perdonato egli avrebbe combattuto valorosamente contro un valoroso per difendere la sua vita, non potendo, per salvarsi, attraversare il fiume. « Non ti toccherò » rispose Scanderbeg a cui la collera era svanita per le inaspettate parole del soldato, ma vieni con me, essendo tu uomo siffattamente intrepido. Il Fallmerayer, malgrado la sua critica oggettiva, così ci ha dipinto Scanderbeg: — Giorgio Castriotta è- da porre tra ì capitani più compiuti, tra i più fortunati e tra i più geniali del mondo (241). Finché visse, egli assicurò la libertà della Nazione; ma questo fatto egli non poteva trasmettere come eredità ai nepoti suoi, così come non lo poterono i suoi compatriotti illustri Pirro e Alì pascià ; tuttaAria egli eccelle sopra costoro non solo per grandezza morale,.ma altresì nella fortuna di aver portato a termine le sue imprese, in mezzo allo splendore della fama, vincitore coronato di lauro e vinto solo dalla morte. Il Papa Calisto III, del quale gli storici dicono essere si misurato nelle parole che mai lo avevano ascoltato fare complimenti per lusingare l’ainor proprio altrui (241), scriveva a Scanderbeg agli 11 di settembre 1457 queste parole: «Non v’è uomo al mondo il quale ignori le tue eroiche imprese, e che con le lodi più grandi non ti innalzi al cielo, e che non parli di te come di un vero campione e di un difensore magnanimo della Cristianità » (243). Ponendo fine alla nostra storia, possiamo conchiudere con l’elogio tanto vero quanto meritato di Eliseo Reclus: «Fu santo come San Luigi, diplomatico come Talleyrand, valoroso come Alessandro Magno ». FINE.