— 53 — alla città, mandò innanzi il nipote Hamza Castriotta, in qualità di suo segretario, per avvertire il comandante della fortezza che eisso Scanderbeg era per arrivare con l’ordine del Sultano Murat di assumere il comando di questa. Hamza, nato e cresciuto in Adrianopoli ove il padre aveva preso in moglie una turca (108), parlava in maniera perfetta la lingua turca, e, uomo astuto, adempiè pienamente la sua missione. Hassan bey Verzesda gli prestò fede e quando Scanderbeg fu arrivato e gli mostrò il firmano, lo ricevette con grande onore, tesse il firmano dapprima, e lasciò la fortezza in mano di Scanderbeg. Gli ufficiali della guarnigione e le autorità cittadine vennero a felicitarsi ed a rallegrarsi con Scanderbeg. I Croiani non sapevano spiegare questa felicità inaspettata, ma egli non li lasciò a lungo nella loro meraviglia, perchè chiamati i capi della città in un luogo appartato, spiegò loro ogni cosa. Essendo notte, fece entrare dentro la città gli uomini nascosti nel bosco, ai quali si unì un gran numero di Crojani armati. Que|sti, poi che le porte furono chiuse, occuparono tutti i punti strategici, e aspettarono il segnale. Un grido altissimo si levò nel cuore della notte : « Libertà ! Libertà ! ». Altre voci ripeterono il grido (109) e tutti si scagliarono contro i Turchi. L’indomani non v’erano più in città nè l’esercito turco nè i coloni, nè i rinnegati, tolti alcuni pochi che si convertirono al cristianesimo. La bandiera turca e tutti i segni della dominazione turca scomparvero, e al loro luogo sventolava la bandiera rossa di Scanderbeg con l’aquila nera a due teste (110). Il popolo tutto gridava : Viva Scanderbeg ! (111). Poi che la città fu interamente occupata, Scanderbeg tornò in seno alla religione degli avi (112). All’alba del giorno seguente, Giorgio Castriotta andò in Dibra per recare ai Dibrani la buona novella e per esortarli a far tutti allo stesso modo. E difatti quello che era accaduto in Croja si ripetè in Dibra e in ogni altro luogo del principato dei Castriotta. Resistevano soltanto quattro fortezze: Petrella, Petralba, Stellusio e Sfetigrado, le quali avevano una fortè guarnigione. Contro queste bisognava un esercito